… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Luca 20,27-40
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Dissero allora alcuni scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda. Parola del Signore
Mediti…AMO
Gesù è ormai entrato nella città santa di Gerusalemme (Lc 19,28-38) e nei suoi ultimi giorni durante la sua predicazione è interrogato da quelli che lo ascoltano.
Nel nostro testo è il caso di alcuni appartenenti al movimento dei sadducei, una porzione del popolo di Israele essenzialmente clericale, legata al sacerdozio.
Profondamente conservatori e tradizionalisti, essi praticavano una lettura fondamentalista delle Scritture sante, tra le quali privilegiavano la Torah (il Pentateuco), mentre non consideravano i profeti e gli scritti sapienziali.
E proprio perché nella Torah, mediante una sua interpretazione letterale, non si trova la resurrezione dei morti quale verità da credere, i sadducei la rigettavano, a differenza dei farisei e degli esseni, che invece la professavano come destino ultimo dei giusti.
E oggi propongono all’attenzione di Gesù, un argomento da un fatto accaduto o sicuramente possibile. Quello di una vedova senza figli che, in successione, prima di morire, diventa moglie di sette fratelli senza lasciare prole.
Ovviamente cercano di mettere in imbarazzo Gesù rivolgendogli una domanda capziosa ricavata dalla legge del levirato di Mosè (Dt 25,5ss), volendo così gettare il ridicolo sull’idea stessa di risurrezione.
Questa disposizione di legge si legava all’idea che fosse possibile sopravvivere a sé stessi solo attraverso la propria discendenza e perciò era assolutamente necessario avere dei figli. Per questo era ritenuto possibile, in caso di mancanza di figli propri, procreare anche dopo la morte attraverso i propri consanguinei.
Essi vogliono conoscere il pensiero di Gesù. Non pongono la domanda in maniera diretta e provocatoria, ma cercano di costruire intorno alla resurrezione un castello critico che metta in crisi la fede di chiunque.
La domanda è chiara ed è altrettanto chiaro che nella Legge non c’è la risposta e la soluzione di tutti gli interrogativi posti dalla resurrezione dai morti.
Dunque o la Legge non ha valore e significato eterni oppure non c’è resurrezione dai morti.
Il ragionamento dei sadducei non tiene in conto una terza possibilità: quella di una resurrezione che non è l’esatta copia di questa vita, ma la rinascita ad un’altra in cui sono scavalcate le categorie dell’esistenza.
La Legge non è esclusiva della resurrezione e la resurrezione non è esclusiva della Legge, entrambe si collocano in un tempo ed in una dimensione diverse.
E il matrimonio così com’è sancito dalla Legge mosaica non ha significato eterno. È un’esperienza di questa vita la cui importanza è del tutto provvisoria e relativa agli scopi della salvezza.
Allorché è fatto salvo il rapporto con il Creatore, non c’è più bisogno del vincolo della Legge.
È il legame eterno ed esclusivo con Dio che ci fa liberi da qualsiasi legame esclusivo con le creature.
È la prospettiva di una morte ineluttabile che rende necessario un vincolo tra l’uomo e la donna, sottomesso al dettame della Legge divina.
Solo in questo modo è strappato all’arbitrio ed al capriccio del cuore umano.
Non è semplicemente per il recupero di quel rapporto che c’era tra l’uomo e la donna in Eden, ma in vista di quel rapporto che si avrà con Dio nella Gerusalemme Celeste.
Il matrimonio non è realtà, ma semplicemente immagine dell’amore che c’è tra Cristo e la chiesa.
L’immagine ha significato transitorio, è in funzione della realtà.
Allorché sarà reale il vincolo con Dio, l’immagine non avrà più ragione d’essere ed il vincolo da essa veicolato ancor meno. Alla luce del poi e di ciò che rimane in eterno non ha senso parlare di matrimonio.
Si potrebbe anche tentare di comprendere il matrimonio non alla luce dell’oggi che è o del dopo che sarà, ma del prima che è stato.
È Gesù stesso che per dare fondamento immediatamente comprensibile al precetto divino dell’indissolubilità del matrimonio si rifà esplicitamente alla condizione originaria del Paradiso terrestre, dell’Eden.
“Non separi l’uomo ciò che Dio ha unito”. Ma questo è detto per un recupero del matrimonio in questa vita terrena, perché sia vissuto nello spirito di Dio.
Non si può dare giustificazione positiva al rapporto uomo e donna, se non rifacendosi a quello che era prima del peccato.
Non tutti riescono ad intendere pienamente quello che sarà in eterno. Mentre a tutti è chiesto di recuperare ciò che è stato prima del peccato.
Se vogliamo considerare il rapporto uomo e donna in una luce eterna non vi è altra espressione se non quella di chi si è fatto eunuco per il regno dei cieli.
Se viceversa vogliamo dare un significato positivo al matrimonio terreno, dobbiamo guardare a quello che fu in principio.
Dopo la resurrezione finale non ci sarà più possibilità di morte.
E, di conseguenza, questo rende vano il rapporto uomo donna sancito dalla Legge.
Questa possibilità è viva e reale nell’esistenza. Non si può scavalcare un destino di morte eterna se non ritornando al progetto originale di Dio, guardando non a quello che sarà, ma a quello che era all’inizio.
Ma riprendiamo il testo.
Gesù, leggendo l’inganno nel loro cuore, non risponde alla loro domanda, ma esorta tutti ad entrare nella logica che presiede alla vita degli “angeli“.
A quella vita che ci fa “figli della risurrezione” già in questa vita: ed è la logica di chi sa che non siamo possessori della vita altrui. Non “prendiamo” moglie!
Inoltre, nella condizione futura, CARATTERIZZATA DALL’IMMORTALITÀ, la procreazione non è più necessaria e di conseguenza neanche il matrimonio sarà più necessario.
La vita che si riceve mediante la risurrezione è una vita che viene da Dio, non necessita di generazione carnale: I RISORTI SONO FIGLI DI DIO, CIOÈ NATI DA LUI.
L’alleanza tra Dio e il suo popolo, tra Dio e l’umanità, è tale che nulla e nessuno potrà romperla: non certo la morte, perché egli è fedele e nella morte si presenta a noi con le braccia aperte, in attesa di prenderci con sé come figli e figlie amati per sempre.
E questo appare ancora più chiaro se riprendiamo quanto Dio dice di sé stesso al roveto ardente, mentre parla con Mosè: “egli è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, è il Dio dei vivi” (vedi Esodo 3,6.15) “perché tutti vivono per lui” come dice Luca.
LA VITA CHE POSSIEDERANNO È UNA VITA CHE VIENE DA DIO, PERCIÒ È UNA VITA CHE NON PUÒ FINIRE E CHE ESSI VIVONO PER LUI.
La sua risposta è quindi un colpo d’ala stupendo che trasporta in alto il pensiero, fuori da tutti i cavilli teologici ed esegetici assai diffusi a quel tempo (oggi siamo così ignoranti delle cose di Dio, che non siamo neppure in grado di pensare domande simili):
- “I figli di questo mondo prendono moglie e marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono eguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio”.
Gesù ci lascia intravedere, quindi, una realtà completamente diversa da quella che viviamo in questo mondo.
Dopo la nostra morte, se giudicati degni della risurrezione, diventiamo Figli di Dio, vivi nello spirito e in intima comunione tra noi nell’unico amore che tutti attrae e unisce.
Possiamo quindi pensare che, pur non annullando quegli affetti e vincoli umani che ci hanno legato quaggiù, in cielo vivremo in quella pienezza d’amore che non ammette pregressi possessi, relazioni, differenze o gradi di parentela.
Ma, in qualche modo Gesù, cerca di far riflettere comunque i sadducei, formulando una argomentazione biblica molto efficace:
- «Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui».
Che bello poter affermare con Gesù che il nostro è un Dio vivo e che noi siamo immortali in lui.
Il nostro Dio è il Dio dei viventi perché a Mosè, nel roveto, parla dei patriarchi come di persone vive e presenti.
Se nel roveto ardente Dio si è presentato come il Dio dei patriarchi, significa che li ha davanti, che sono lì presenti, che sono vivi.
Quindi è il Dio dei viventi e tutti vivono in lui, non solo nel ristretto spazio della vita terrena ma ben oltre.
In una raffinata dissertazione teologica, Gesù, parla della teofania di Dio a Mosè, quando parlando del Dio dei patriarchi, li cita al presente, non al futuro, lasciando intendere che sono vivi e vegeti e confermando, così, la solidità della fede nella sopravvivenza, negata dai sadducei.
Questa semplice e geniale risposta di Gesù, rivela ancora una volta, la straordinaria conoscenza che Gesù ha della Parola, né fa un’esegesi ampia, profonda, corretta e mette subito a tacere, i sadducei che contestavano la teoria della resurrezione professata dai farisei, riscuotendo il plauso convinto degli scribi:
- “scribi: «Maestro, hai parlato bene». E non osavano più rivolgergli alcuna domanda”.
Dio è Dio dei morti quando diventa solo comodo riferimento per schierarsi fra fazioni di pensiero.
Dio è morto quando manipoliamo la PAROLA per confermare i nostri pregiudizi o per i nostri interessi o la nostra gloria.
Dio è morto e sepolto quando cerchiamo di ingannare l’altro con un ragionamento contorto degno della peggior teologia.
Dio è morto e sepolto quando ci nascondiamo dietro alle teorie invece di convertirci alla novità inattesa e inaudita del Signore della Vita.
Certo, per noi cristiani l’argomento fondamentale per la nostra FEDE è legato alla Risurrezione di Cristo.
Paolo di Tarso, dice, scrivendo alla sua amata, complicata, comunità che è in Corinto (1 Cor.15,12-19):
- «Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono. Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini».
La Chiesa nella Liturgia dei Defunti lo proclama con forza. Ne Prefazio dei defunti si dice:
- “Ai tuoi fedeli, o Signore, la vita non è tolta, ma trasformata”.
E, grazie a San Giovanni Evangelista (Gv.11,1-45) risuona in noi come voce potente e suadente il grido pasquale di Cristo «…Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno».
Il Dio che Gesù e venuto a farci conoscere, perfezionando e compiendo quel che Patriarchi Profeti e Sapienti avevano detto di Lui è Colui che con il Padre e con lo Spirito Santo è una cosa sola con il crocifisso Risorto.
Un grande teologo tedesco KARL RAHNER (1904-1984, gesuita, che partecipò su invito di Papa Giovanni XXIII’, come teologo consultore, al Concilio Ecumenico Vaticano II’), nella sua opera “Tu sei il silenzio”, diceva:
- Allora vivrò con i viventi che nel segno della fede mi hanno preceduto nel giorno chiaro della vita, dove nulla più resta da fare, perché quel giorno sei tu, pienezza di ogni realtà, Dio dei viventi.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!