… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
Dal Vangelo secondo Marco 14,12-16.22-26
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Parola del Signore
Mediti…AMO
“Festum Ss.mi Corporis Christi”, comunemente nota con le espressioni latine Corpus Domini o Corpus Christi, è una delle principali solennità dell’anno liturgico della Chiesa cattolica. Una festa “mobile”, in quanto si celebra il giovedì successivo alla solennità della Santissima Trinità, ma in Italia e in qualche altra nazione viene spostata alla domenica successiva.
Il 182º papa della Chiesa cattolica Jacques Pantaléon, cui venne imposto il nome di URBANO IV’ incaricò Tommaso d’Aquino di comporre l’officio della solennità e della messa del Corpus et Sanguis Domini. Era il 1264 e San Tommaso risiedeva, come il pontefice a Orvieto, nel convento di San Domenico (primo convento ad essere dedicato al santo iberico).
Il Doctor Angelicus ivi insegnava Teologia nello Studium (l’università dell’epoca) orvietano e presso S. Domenico si conserva ancora la sua cattedra e il crocifisso ligneo che gli parlò. La Tradizione vuole infatti che proprio per la profondità e completezza teologica dell’officio composto per il Corpus Domini, Gesù – attraverso quel crocifisso – abbia detto: “BENE SCRIPSISTI DE ME, THOMA”. L’inno principale del Corpus Domini, cantato nella processione e nei Vespri, è il Pange lingua; un altro inno dedicato è il Sacris solemniis, specialmente nella sua sezione finale (che costituisce il Panis Angelicus). Esiste anche una sequenza per il Corpus Domini, il Lauda Sion Salvatorem.
La solennità del Corpus Domini nacque nel 1247 nella diocesi di Liegi, in Belgio, per celebrare la reale presenza di Cristo nell’eucaristia in reazione alle tesi di Berengario di Tours, secondo il quale la presenza di Cristo non era reale, ma solo simbolica.
Il papa Urbano IV, con bolla Transiturus dell’11 agosto 1264, da Orvieto dove aveva stabilito la residenza della corte pontificia (non andrà mai a Roma), estese la solennità a tutta la Chiesa. All’anno precedente si fa risalire tradizionalmente anche il Miracolo eucaristico di Bolsena. La venerazione del Santissimo Sacramento nacque in Belgio nel 1246 come festa della diocesi di Liegi. Il suo scopo era quello di celebrare la presenza reale di Cristo nell’eucaristia. L’introduzione di questa festività nel calendario cristiano la si deve principalmente a una donna, suor Giuliana di Cornillon, una monaca agostiniana vissuta nella prima metà del tredicesimo secolo. Da giovane avrebbe avuto una visione della Chiesa con le sembianze di una luna piena, ma con una macchia scura, a indicare la mancanza di una festività.
Nel 1208 ebbe un’altra visione, ma questa volta le sarebbe apparso Cristo stesso, che le chiese di adoperarsi perché venisse istituita la festa del Santissimo Sacramento, per ravvivare la fede dei fedeli e per espiare i peccati commessi contro il sacramento dell’eucaristia.
La Chiesa latina quindi, celebra il grande mistero del Corpo e del Sangue del Signore due volte nell’anno liturgico:
- al GIOVEDÌ SANTO
- e alla fine del tempo pasquale IN QUESTA FESTA DEL CORPUS DOMINI.
Non è una ripetizione, bensì un approfondimento di questo mistero di amore e di unità, perché, scendendo nel particolare:
- Nel GIOVEDÌ SANTO, contempliamo IL MISTERO DELL’EUCARISTIA SOPRATTUTTO NEL SUO ESSERE RIASSUNTIVO DELLA PASQUA, quale segno profetico di ciò che si è realizzato nella passione, morte e risurrezione di Gesù.
- Invece, nella SOLENNITÀ DEL CORPO E DEL SANGUE DEL SIGNORE, questo stesso mistero È CELEBRATO IN PARTICOLARE NELLA SUA FINALITÀ ECCLESIALE, come mistero che genera la Chiesa e costruisce la comunità dei fedeli in un solo corpo e un solo spirito.
La festa odierna ci ricorda che il pane e il vino, grazie alla PREGHIERA DELLA CHIESA, PER IL VALORE SALVIFICO DELLE PAROLE PRONUNZIATE DA NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO, CON LE QUALI, PER LA POTENZA DELLO SPIRITO SANTO, VENGONO TRASFORMATI NEL CORPO E SANGUE DI CRISTO.
Ci rammenta però anche il fine dell’Eucaristia, che:
- non è semplicemente la presenza reale,
- bensì la nostra trasformazione nel corpo escatologico ed ecclesiale del Signore, attraverso la comunione al corpo sacramentale.
Questa festa è accompagnata tradizionalmente, da secoli, da una processione eucaristica che mostra la presenza sacramentale del Signore nel mondo. Ma non dobbiamo pensare che ponendoci staticamente davanti a essa, ci sia sufficiente contemplare con gli occhi IL MISTERO CHE SI RIVELA NELL’EUCARISTIA.
La presenza sacramentale, come la riserva eucaristica nel tabernacolo, NON È ORIENTATA AI NOSTRI OCCHI PERCHÉ CI PONIAMO SEMPLICEMENTE IN ADORAZIONE DAVANTI A ESSA. Ma è finalizzata al fatto che DOBBIAMO NUTRIRCENE, PER ESSERE TRASFORMATI NEL CORPO ECCLESIALE DEL SIGNORE.
E questo perché “AD-ORARE”, significa PORTARE ALLA BOCCA. Affinché attraverso di essa possiamo portare l’Eucaristia dove gli uomini e le donne lavorano e vivono, gioiscono e patiscono.
Non significa solo MOSTRARE IL MISTERO DEL CORPO DEL SIGNORE, QUANTO AFFERMARE E TESTIMONIARE CHE IL SIGNORE SI È FATTO CIBO, PERCHÉ TUTTI SE NE NUTRANO E VENGANO DA ESSO, ASSIMILATI A CRISTO. Perché Egli a mezzo dei segni sacramentali è entrato nella nostra quotidianità, perché ci nutrissimo di Lui: della sua Parola e della sua Carne, affinché anche noi stessi diventiamo la Sua Parola e la Sua Carne, per diventare segno di quell’unità a cui è chiamata tutta l’umanità, che è visibile dalla convivialità e dalla comunione.
Solo in tal modo il cibo eucaristico, significato da questi simboli così pregnanti, anticipa e prefigura quella vita eterna, dove la comunione vera, senza più ombre con Dio e tra di noi, donata in Cristo, sarà realtà eterna.
Ma per far questo il Signore che si è fatto carne e pane, deve essere portato per le vie delle nostre città, per essere immerso nella quotidianità della nostra vita, affinché le nostre strade diventino le sue strade.
Non deve restare nascosto nei tabernacoli e discosto da noi, ma deve camminare in mezzo a noi dove noi camminiamo, deve vivere dove noi viviamo. Il nostro mondo e le nostre esistenze debbono diventare il suo tempio.
Occorre aprirsi a lui con tutta la propria vita, con tutto il cuore: «Ecco, io sto alla porta e busso», dice il Signore nell’Apocalisse, al capitolo 3,20«se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io entrerò da lui, cenerò con lui e lui con me». Il Corpus Domini vuole rendere percepibile questo bussare del Signore alla sordità del nostro cuore.
Sia Lodato Gesù, il Cristo!