… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo LUCA 8,19-21
In quel tempo, andarono da Gesù la madre e i suoi fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fecero sapere: «Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori e desiderano vederti». Ma egli rispose loro: «Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica». Parola del Signore
Mediti…AMO
LA VITA E IL PENSIERO DEI SANTI MARTIRI COREANI
L’azione dello Spirito, che soffia dove vuole, con l’apostolato di un generoso manipolo di laici è alla radice della santa Chiesa di Dio in terra coreana. Il primo germe della fede cattolica, portato da un laico coreano nel 1784 al suo ritorno in Patria da Pechino, fu fecondato sulla metà del secolo XIX dal martirio che vide associati 103 membri della giovane comunità.
Fra essi si segnalano Andrea Kim Taegŏn, il primo presbitero coreano e l’apostolo laico, catechista, Paolo Chŏng Hasang.
Le persecuzioni che infuriarono in ondate successive dal 1839 al 1867, anziché soffocare la fede dei neofiti, suscitarono una primavera dello Spirito a immagine della Chiesa nascente.
L’impronta apostolica di questa comunità dell’Estremo Oriente fu resa, con linguaggio semplice ed efficace, ispirato alla parabola del buon seminatore, dal presbitero Andrea alla vigilia del martirio.
Nel suo viaggio pastorale in quella terra lontana il Papa Giovanni Paolo II, il 6 maggio 1984, iscrisse i martiri coreani nel calendario dei santi.
La loro memoria si celebra nella data odierna, perché un gruppo di essi subì il martirio in questo mese, alcuni il 20 e il 21 settembre.
La Chiesa coreana ha la caratteristica forse unica, di essere stata fondata e sostenuta da laici; infatti agli inizi del 1600 la fede cristiana comparve in Corea tramite le delegazioni che ogni anno visitavano Pechino in Cina, per uno scambio culturale con questa Nazione, molto stimata in tutto l’Estremo Oriente.
E in Cina i coreani vennero in contatto con la fede cristiana, portando in patria il libro del grande padre Matteo Ricci “La vera dottrina di Dio”; e un laico, Lee Byeok grande pensatore, ispirandosi al libro del famoso missionario gesuita, fondò una prima comunità cristiana molto attiva.
Intorno al 1780, Lee Byeok pregò un suo amico Lee-sunghoon, che faceva parte della solita delegazione culturale in partenza per la Cina, di farsi battezzare e al ritorno portare con sé libri e scritti religiosi adatti ad approfondire la nuova fede.
Nella primavera del 1784 l’amico ritornò con il nome di Pietro, dando alla comunità un forte impulso; non conoscendo bene la natura della Chiesa, il gruppo si organizzò con una gerarchia propria celebrando il battesimo e non solo, ma anche la cresima e l’eucaristia.
Informati dal vescovo di Pechino che per avere una gerarchia occorreva una successione apostolica, lo pregarono di inviare al più presto dei sacerdoti; furono accontentati con l’invio di un prete Chu-mun-mo, così la comunità coreana crebbe in poco tempo a varie migliaia di fedeli.
Purtroppo anche in Corea si scatenò ben presto una persecuzione fin dal 1785, che si incrudeliva sempre più, finché nel 1801 anche l’unico prete venne ucciso, ma questo non bloccò affatto la crescita della comunità cristiana.
Il re nel 1802 emanò un editto di stato, in cui si ordinava addirittura lo sterminio dei cristiani, come unica soluzione per soffocare il germe di quella “follia”, ritenuta tale dal suo governo.
Rimasti soli e senza guida spirituale, i cristiani coreani chiedevano continuamente al vescovo di Pechino e anche al papa di avere dei sacerdoti; ma le condizioni locali lo permisero solo nel 1837, quando furono inviati un vescovo e due sacerdoti delle Missioni Estere di Parigi; i quali penetrati clandestinamente in Corea furono martirizzati due anni dopo.
Un secondo tentativo operato da Andrea Kim Taegon, riuscì a fare entrare un vescovo e un sacerdote, da quel momento la presenza di una gerarchia cattolica in Corea non mancherà più, nonostante che nel 1866 si ebbe la persecuzione più accanita; nel 1882 il governo decretò la libertà religiosa.
Nelle persecuzioni coreane perirono, secondo fonti locali, più di 10.000 martiri, di questi 103 furono beatificati in due gruppi distinti nel 1925 e nel 1968 e poi canonizzati tutti insieme il 6 maggio 1984 a Seul in Corea da papa Giovanni Paolo II; di questi solo 10 sono stranieri, 3 vescovi e 7 sacerdoti, gli altri tutti coreani, catechisti e fedeli.
Di seguito diamo un breve tratto biografico dei due capoelenco liturgico del gruppo dei 103 santi martiri: Andrea Kim Taegon e Paolo Chong Hasang.
ANDREA nato nel 1821 da una nobile famiglia cristiana, crebbe in un ambiente decisamente ispirato ai principi cristiani, il padre in particolare aveva trasformato la sua casa in una ‘chiesa domestica’, ove affluivano i cristiani ed i neofiti della nuova fede, per ricevere il battesimo, scoperto tenne con forza la sua fede, morendo a 44 anni martire.
Aveva 15 anni quando uno dei primi missionari francesi arrivati in Corea nel 1836, lo inviò a Macao per prepararlo al sacerdozio.
Ritornò come diacono nel 1844 per preparare l’entrata del vescovo mons. Ferréol, organizzando una imbarcazione con marinai tutti cristiani, andando a prenderlo a Shanghai, qui fu ordinato sacerdote e insieme, di nascosto con un viaggio avventuroso, penetrarono in Corea, dove lavorarono insieme sempre in un clima di persecuzione.
Con la nobiltà del suo atteggiamento, con la capacità di comprendere la mentalità locale, riuscì ad ottenere ottimi risultati d’apostolato.
Nel 1846 il vescovo Ferréol lo incaricò di far pervenire delle lettere in Europa, tramite il vescovo di Pechino, ma durante il suo incontro con le barche cinesi, fu casualmente scoperto ed arrestato.
Subì gli interrogatori e gli spostamenti di carcere prima con il mandarino, poi con il governatore e giacché era un nobile, alla fine con il re e a tutti manifestò la fedeltà al suo Dio, rifiutando i tentativi di farlo apostatare, nonostante le atroci torture; alla fine venne decapitato il 16 settembre del 1846 a Seul; primo sacerdote martire della nascente Chiesa coreana.
PAOLO CHONG HASANG. Eroico laico coreano, era nato nel 1795 a Mahyan, il padre Agostino e il fratello Carlo vennero martirizzati nel 1801, la sua famiglia composta da lui, la madre Cecilia e la sorella Elisabetta, venne imprigionata e privata di ogni bene, furono costretti ad andare ospiti di un parente, ma appena gli fu possibile si trasferì a Seul aggregandosi alla comunità cristiana; perlomeno quindici volte andò in Cina a Pechino in viaggi difficilissimi fatti a piedi, spinto dall’eroismo di una fede genuina, professata nonostante i gravi pericoli.
Collaborò alacremente affinché il primo sacerdote Yan arrivasse in Corea e poi dopo di lui i missionari francesi: il vescovo Imbert ed i sacerdoti Maubant e Chastan.
Fu accolto con la madre e la sorella dal vescovo Imbert, il quale desiderava farlo diventare sacerdote, ma la persecuzione infuriava e un apostata li tradì, facendoli imprigionare.
Paolo Chong Hasang venne interrogato e torturato per fargli abbandonare la religione straniera a cui si era associato, ma visto la sua grande fermezza, venne condannato e decapitato il 22 settembre 1839, insieme al suo caro amico Agostino Nyon, anche lui firmatario di una petizione al papa per l’invio di un vescovo in Corea. Anche la madre e la sorella vennero uccise dopo alcuni mesi.
Il vescovo e i due sacerdoti delle Missioni Estere di Parigi, vennero decapitati anche loro nel 1839.
Dei 103 martiri in Corea, SOLO ANDREA KIM TAEGON era sacerdote, MENTRE TUTTI GLI ALTRI LAICI E CATECHISTI.
Fratelli e Sorelle, in questo momento storico in cui la catechesi è praticamente naufragata, e PAPA FRANCESCO sta con fermezza evangelica cercando di rimettere tutto in piedi nel migliore dei modi, RIFLETTIAMOCI E FACCIAMOCI UN ESAME DI COSCIENZA DAVANTI A DIO… IO PER PRIMO!
ESAME DEL TESTO EVANGELICO
L’ascolto della Parola porta frutto in noi e illumina la nostra vita e ci rende famigliari di Dio e concittadini dei santi, come direbbe Paolo di Tarso.
L’ascolto della Parola e la sua messa in pratica ci permette di entrare in un insieme di persone che, come noi, vivono la stessa esperienza, LA FEDE CRISTIANA, che ci apre orizzonti nuovi condivisi da altri.
Riconoscere che Gesù è Dio e diventare suoi discepoli, accomuna persone con percorsi di vita, cultura ed esperienze radicalmente diversi, anche geografiche.
Infatti, posso parlare con un cinese o un africano credente della stessa vita interiore. E questo perché entriamo a far parte di una grande famiglia, la Chiesa, che riunisce coloro che hanno deciso di seguire il Cristo vivendo il vangelo con radicalità e passione.
Questa esperienza, spesso, travalica l’appartenenza famigliare: i legami di fede sono molto più profondi e autentici di quelli di sangue e molti, fra noi, hanno maggiore intimità interiore con i fratelli nella fede che con i propri parenti!
Tutto questo ci rende familiari del Signore Gesù e suoi fratelli nella Fede.
È una delle tante inaudite verità del Vangelo, se preso sul serio: ai legami di sangue, al clan, alla famiglia intesa come tessuto sociale legato alla parentela, Gesù osa contrapporre l’idea di comunità e di discepolato NELLA FEDE IN DIO.
Scegliamo di essere fratelli e sorelle perché non condividiamo più il sangue ma la fede, le scelte di vita, la conoscenza del Vangelo.
È Cristo che ci ha scelti, lui ci unisce e questo legame supera ogni differenza di etnia, di condizione, di cultura E DI SANGUE.
Anche voi lo avete sperimentato: potete trovarvi in un paese straniero, con cultura e tradizioni molto diverse dalla vostra, ed incontrare una comunità cristiana che vive la vostra stessa speranza, che accoglie la stessa Parola, che professa la stessa fede E VI SENTITE SUBITO A CASA.
Ma posso dire ancora di più, se me lo consentite, Fratelli e Sorelle: se abbiamo avuto dei pessimi legami familiari, possiamo crearne di nuovi a partire dalla stessa esperienza di ascolto della Parola.
ll problema è “avvicinare” Gesù, farsi prossimi a Lui ed essere da Lui ricevuti come parenti stretti, consanguinei, come famiglia sua.
Ma come superare la folla (se non altro di tutti i secoli che ci separano da Lui; delle preoccupazioni che soffocano il desiderio di Lui…), questa folla ingombrante che impedisce l’incontro costringendoci a rimanere “fuori”, come estranei non amati?
Il Vangelo di oggi, nella sua brevità, offre senza esitazioni la risposta a questo interrogativo.
La Parola di Dio, se ascoltata e messa in pratica, ci rende madri e fratelli di Gesù: madri perché diventiamo capaci di generarLo e annunzarLo al mondo.
Ci rende fratelli perché diventiamo come Gesù, figli del Padre.
Nell’ascolto obbediente alla Parola di Dio si realizza il grande mistero della nostra generazione, giorno dopo giorno, a figli di Dio.
Ancora di più: il fine della Parola è di generare un intero popolo di Dio!
Un’altra prospettiva.
In questa brevissima pagina di vangelo ci siamo imbattuti in due espressioni, sulle quali merita di fare una considerazione.
- “Tua madre e i tuoi fratelli stanno fuori”.
- “Ma (importante questo ma, dice un parere diverso sul modo di intendere la relazione con Gesù) egli rispose loro: – Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.
Accostando queste due espressioni, raggiungiamo quello che secondo Gesù costituisce il criterio di appartenenza alla sua famiglia e fa sì che anche noi possiamo farvi parte.
Se il criterio di appartenenza fosse il sangue, noi saremmo esclusi dalla famiglia di Gesù. Solo Maria vi apparterrebbe in una maniera unica, con tutta la bellezza e con tutti i limiti, che comporta la maternità umana.
Ma – quanto è importante e quanto è bello per noi questo ma – Gesù afferma che il criterio di appartenenza alla sua famiglia, il criterio di profonda relazione con Lui, sta nella relazione, che si stabilisce e si intrattiene con la parola di Dio. Non è il sangue, che scorre nelle vene, che conta: conta l’adesione di testa, di cuore e di comportamento alla Parola di Dio.
E paradossalmente, proponendoci questo criterio, Gesù ci insegna a riconoscere ciò che fa incomparabilmente grande Maria: la cui grandezza di Maria non sta tanto nel fatto che ha messo al mondo Gesù, MA STA PIUTTOSTO NEL MODO, CON CUI HA INTERPRETATO LA SUA MATERNITÀ.
Il principio costitutivo della sua maternità quale fu? Il suo sì all’angelo, che le recò la proposta di Dio.
Il suo modo di stare accanto a Gesù come madre in che cosa consistette? Consistette nel fare la madre, tenendo conto prima di tutto che era Figlio di Dio e quindi rifacendosi sempre alla volontà del Padre del suo Gesù.
Inteso così, il ruolo materno di Maria diventa esemplare, paradigmatico per tutti.
Chi, come Maria, vive, accogliendo con totale dedizione di fede e di amore la Parola di Dio in generale e quella Parola di Dio, che è Gesù in persona, come Maria diventa uno che dà carne alla Parola di Dio, la mette al mondo per il bene degli altri.
Chi, come Maria, vive accogliendo con totale dedizione di fede e di amore la Parola di Dio, come Maria si trova a comprendere sempre più Dio come il Padre di Gesù e di tutti e quindi si trova a dovere stabilire relazioni di fraternità.
Ha scritto Andrea Gasparino (1923–2010) monaco e presbitero e scrittore, fondatore del Movimento Contemplativo Missionario Padre De Foucauld.
- “Ci siamo abituati troppo a sfiorare il Vangelo anziché viverlo: ecco il nostro grande male”
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!