“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MARCO 7,31-37
+ In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». Parola del Signore
Mediti…AMO
L’episodio della guarigione del sordomuto ci coglie mentre riprendiamo la nostra vita ordinaria.
In verità, potremmo anche dire che questo brano ci ha incontrato sin dal giorno del battesimo, quando il sacerdote fece su di noi esattamente quello che Gesù compie sul sordomuto.
Toccandoci le orecchie e la bocca, il sacerdote disse “Il Signore ti conceda di ascoltare presto la sua Parola e di professare la tua fede“.
Fin dall’inizio della nostra vita—quando è ancora impossibile ascoltare parole—ci viene comunque detto che l’ascolto della Parola è la nostra salvezza.
Il brano evangelico inizia con un tocco di apertura a regioni e popoli lontani.
Le indicazioni geografiche del Vangelo di Marco inquadrano il miracolo della guarigione del sordomuto in zone periferiche, lontane dai centri abituali del popolo ebraico.
Tiro, Sidone, mare di Galilea, Decàpoli… (v. 31) corrispondono oggi al sud del Libano e alla regione settentrionale di Israele.
Fanno parte degli attuali scenari di conflitti bellici che insanguinano vaste regioni del Medio Oriente.
Per quelle strade, che erano zone di ‘pagani’, passò un giorno Gesù, suscitando lo stupore di tutti “…ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”
Quel giorno, in quell’angolo sperduto dell’attuale Libano del Sud, “Dio era venuto a salvare” quell’uomo dalla sua malattia.
E, al di là delle differenze religiose o culturali tra gli abitanti della Decapoli e quelli di Nàzareth o Gerusalemme, davanti a Gesù c’è un uomo concreto, con una malattia, che colpisce tanto i credenti come i non credenti, i ricchi come poveri, i colti come gli analfabeti: quell’uomo è sordomuto, una condizione fondamentale della sua umanità.
Fratelli e Sorelle, il verbo ascoltare ricorre nell’Antico Testamento, più di 1100 volte, ed è riferito in primo luogo a Dio che ascolta sempre il grido del povero.
E poi, come abbiamo visto, è riferito all’uomo “Shemà Isra ‘El Hebèt Adonaj – Ascolta, Israele…” (Dt 6,4).
Perciò la sordità è considerata, nella Bibbia, una patologia grave, perché evoca il rifiuto della Parola di Dio.
Quando Dio interviene per salvare il suo popolo, gli apre simbolicamente gli occhi, gli orecchi, la bocca, perché possa vedere, ascoltare, parlare, saltare: entrare, cioè, in contatto con Dio e con i fratelli.
Sembra evidente che, in questo brano, Marco vuole mostrarci, davanti a questo caso concreto di umanità bisognosa, qual è la missione di Gesù, che usa il potere-amore di Dio (simbolizzato nell’imposizione delle mani) per liberare l’essere umano, non solo dalla sua sordità fisica, ma, soprattutto, da quella più profonda, quella sua incapacità di ascoltare Dio e gli altri, perché confinato in se stesso.
Da quella sordità procede la sua incapacità di comunicarsi autenticamente, veritieramente con gli altri.
E davanti a questo poveretto, Gesù sente un sussulto nel petto, una forza che viene da dentro, e gli dice una sola parola “….Effatà!”, ossia “Apriti!”
Una sola parola, ma sgorgata da un cuore pieno dell’amore di Dio, e “Subito – nota l’evangelista – si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente“.
Tornano in mente le parole rivolte a Gesù dal centurione “…Signore, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito” (Mt 8, 8).
E riecheggia la forte esortazione di Isaia al popolo d’Israele schiavo in Babilonia “…dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete! Ecco il vostro Dio viene a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi ai ciechi e si schiuderanno gli orecchi ai sordi“.
E il pensiero del credente corre al Libro della Genesi, dove il Padre, all’inizio dei tempi, plasmò Adamo dal fango muto, soffiandogli nelle narici un alito di vita, così il Figlio, nuovo Adamo, stende la mano su un sordomuto, gli mette le dita nelle orecchie, emette un sospiro e dice “…Effatà”.
La parola di Cristo, come quella del Padre, è creatrice e ricreatrice: egli dice e così è fatto.
Il Verbo creatore del mondo apre all’uomo le labbra perché reciti e comunichi le sue lodi, e le orecchie perché ascolti la sua parola “Ascolta… Israele …Sono io il Signore tuo Dio”.
Toccandola con la saliva che umidifica la sua parola di vita e di gioia, Gesù scioglie la lingua del muto e gli dà lingua e parole nuove.
Con l’“unzione” delle palpebre mediante la saliva, Gesù farà ritrovare al cieco nato la vista.
Ciò vuole insegnarci che la parola di Cristo, impregnata di questa “unzione”, fa ritrovare al mondo la vera luce.
Bene aveva cantato, oltre 700 anni prima, il grande Isaia, nel cui testo gli esiliati sono incoraggiati con l’annuncio della liberazione e il ritorno in patria con le immagini di risanamento dei ciechi e sordi “…allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si chiuderanno gli orecchi dei sordi“.
Questo brano, tratto dal grande poema apocalittico di Isaia 34 – 35, vi associa la riabilitazione del zoppo che “…salterà come un cervo“, e la guarigione del muto che “…griderà di gioia“.
L’abbondanza d’acqua sarà tale che la “terra bruciata diventerà una palude, il luogo riarso si muterà una sorgenti d’acqua”.
L’accento finale di questo testo di Isaia cade sulla gioia e la felicità e sull’annuncio che fuggiranno tristezza e pianto.
Agli uomini preoccupati dalla prepotenza del male, sono rivolte parole di speranza messianica.
Queste profezie o quest’oracolo profetico che annuncia l’imminente venuta del Signore, garanzia di salvezza, ha il suo compimento plenario in Gesù.
Il mondo rischiava di diventare un deserto, ma con Gesù Cristo il deserto torna a fiorire.
Non si tratta, quindi, di un generico ottimismo umano, ma di una certezza garantita da un Dio fedele che mantiene per sempre la sua promessa.
Ha detto il compianto Papa Benedetto XVI:
- “Effatà – ‘apriti’, riassume in sé tutta la missione di Cristo. Egli si è fatto uomo perché l’uomo, reso interiormente sordo e muto dal peccato, diventi capace di ascoltare la voce di Dio. Per questo motivo “la parola e il gesto dell’effatà sono stati inseriti nel rito del battesimo, come uno dei segni che ne spiegano il significato: il sacerdote, toccando la bocca e le orecchie del neo-battezzato dice: Effatà, pregando che possa presto ascoltare la Parola di Dio e professare la fede. Mediante il Battesimo, la persona umana inizia, per così dire, a ‘respirare’ lo Spirito Santo, quello che Gesù aveva invocato dal Padre con quel profondo sospiro, per guarire il sordomuto”.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!