“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16). Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il mistero pasquale presente nell’umile quotidiano e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ PASSEGGIARE.”
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MARCO 12,13-17
+ In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui. Parola del Signore
Mediti…AMO
L’odio nei confronti di Gesù è riuscito a mettere insieme due partiti inconciliabili: i farisei, che conosciamo per la loro rigidezza nell’applicare le norme religiose, e gli erodiani, che, come il re cui si ispiravano, utilizzava la religione per fini politici.
Essi ormai avevano un solo obiettivo: mettere in difficoltà quello strano profeta sceso dal Nord:
- Gli erodiani erano alleati dell’invasore romano e consideravano giusto pagare la tassa a Roma.
- I farisei, invece, lo consideravano un sopruso.
Ordiscono una trama contro il Signore, per vedere di coglierlo in fallo:
- si dimostrerà simpatizzante dei romani?
- si dimostrerà un anarchico disobbediente?
Ma Gesù, che legge nei cuori, chiede ai farisei, che non dovrebbero tenere in mano una moneta romana con impressa l’effigie dell’imperatore, CHE SI RITIENE UNA DIVINITA’ IN TERRA.
E ammonisce: non giochiamo con Dio, ma non giochiamo neppure con Cesare e diamo a Dio ciò che gli è proprio, senza fare di Cesare un Dio o di Dio un servo.
Me cerchiamo di fare un piccolo passo avanti “…È lecito pagare il tributo a Cesare?”
Esaminiamo a fondo questa domanda provocatoria, perché tutti sapevano che era dovere d’ogni cittadino pagare il tributo [“kenson”, dal latino “census”, una tassa annuale pro-capite] all’imperatore romano.
Era chiamata “capitazione”, il “tributum capitis”, che si applicava a tutti, senza distinzione d’età o di condizione di salute.
La riscossione di dazi, gabelle, tributi, era effettuata quasi sempre con metodi barbari.
I funzionari del fisco andavano dappertutto e controllavano i campi, contavano alberi da frutto, vigne, capi di bestiame, registravano il numero delle persone, padri, madri, figli, servi (Lattanzio ne fa una descrizione nella sua opera “De mortibus persecutorum” 23,1 ss.)
E il censimento di Augusto (Luca 2,1) serviva per avere un capillare controllo anche ai fini fiscali.
I Giudei lo definivano “il dissanguamento del paese“.
La domanda è provocatoria anche per il momento e il luogo in cui viene rivolta a Gesù.
Il luogo è nella città di Gerusalemme, davanti al tempio, durante la festa della Pasqua, in un’atmosfera di rievocazione della libertà del popolo, che è aspirazione alla libertà, alla rivolta.
La domanda è sottile e capziosa.
Se Gesù risponderà affermativamente, passerà per un vile collaborazionista dei Romani, per traditore del popolo e della Torà; se risponderà negativamente, lo denunzieranno come ribelle alle leggi, come sobillatore del popolo contro il potere romano.
L’evangelista Luca afferma, infatti, che volevano “coglierlo in fallo su una sua parola” (20,20).
Il “si” o il “no” gli sarebbe stato fatale.
Gesù chiede di visionare una moneta, un denaro, per osservarne l’effigie (“eikon”, immagine] e l’iscrizione.
Su una faccia della moneta c’è l’effigie di Tiberio Cesare (regnante dal 14 al 37 d.C.], raffigurato con una corona d’alloro sulla testa, segno della dignità divina, e l’iscrizione “Tiberius Caesar Augustus, figlio del divino Augusto“.
Sull’altra faccia c’è la scritta “Pontifex Maximus”, Pontefice Massimo, che è l’esaltazione del culto dell’imperatore e della sua divinizzazione.
“Di chi è questa effigie e questa iscrizione?”, chiede Gesù.
“Di Cesare”, gli rispondono.
E Gesù dà la sua risposta “…rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.
Per molto tempo questa frase è entrata nel gergo popolare e erroneamente citata con il verbo “Date” a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.
Quest’ultimo modo di dire è stato inteso come una sorta di equilibrio, di spartizione dell’ubbidienza a Dio e a Cesare, una sorta di coabitazione o di convivenza tra trono e altare.
Ma cosa intendeva dire esattamente Gesù?
La parola chiave per comprendere il senso della risposta di Gesù è “effigie” o “immagine”.
E immagine è il termine chiave anche nel racconto della creazione “Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio” (Genesi 1,27).
- Se l’immagine di Cesare è incisa sulla moneta, ciò significa che la moneta appartiene a Cesare.
- E l’iscrizione che divinizza l’imperatore è blasfema, perché un uomo non può farsi adorare come Dio.
- Gesù conosceva bene la Toràh e tutta la Scrittura è un divieto a farsi immagini o sculture (Esodo 20,4; Deuteronomio 4, 16.23.25; 5,8) che materializzano ciò che è spirituale.
Dunque, quella moneta bisogna restituirgliela per vari motivi.
Ma l’affermazione di Gesù è la premessa per qualcosa di più grande e più profondo, perché l’insegnamento che intende dare ai presenti e a tutti noi è che l’essere umano, in cui c’è l’immagine di Dio, deve essere restituito a Dio.
In effetti, l’uomo appartiene a Dio, perché Dio ha creato l’uomo.
ll problema dell’uomo contemporaneo è di essere alla mercé dei moderni Cesari, che invadono la vita di tutti.
Essi sono individuabili nel potere economico, politico, tecnologico, militare e persino in un certo potere religioso.
Di conseguenza, ognuno di noi può esaminare se stesso per capire a quale Cesare sta obbedendo, a cominciare dal nostro “io“.
Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!
Il Signore IDDIO ti Benedica
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!