Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….
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Dal Vangelo secondo Matteo 13,44-46
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli «Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». Parola del Signore
Mediti…AMO
Prima di commentare le parabole del “regno”, è necessario fare alcune considerazioni. Ad esempio, cosa si intende per regno di Dio? Il Regno è qualsiasi realtà strutturata in modo che tutto ciò che è inglobato in essa riconosce il suo unico re, il quale è colui che ha potere assoluto su tutti i suoi sudditi. E al quale è dovuta obbedienza assoluta, concessa per una crescita responsabile.
Niente a che vedere con le moderne democrazie, e niente di simile ad una dittatura.
Nell’obbedienza al suo re il popolo trova la sua massima gioia e realizzazione IN QUANTO GUIDATO, RETTO, ILLUMINATO DA UN AMORE CHE TUTTO VEDE E A TUTTI PROVVEDE.
- I regni di questo mondo sono opera del Satana e danno la morte.
- Il regno di Dio è opera del suo amore e dona la vita eterna.
Nel Padre nostro abbiamo l’invocazione “Venga il tuo regno”, che ci porta a riflettere sul fatto che il regno del Padre e il regno del Figlio sono la stessa medesime realtà. Infatti il regno del Padre su questa terra è venuto per opera del Cristo, che tutto ha operato secondo la volontà di colui che l’ha mandato.
C’è poi un modo di parlare che sembra scontato. Ma non è affatto semplice.
Perché si parla di regno dei cieli e non semplicemente di regno di Dio in questo mondo? In che modo è anticipata qui sulla terra e in questa vita quello che ha la sua piena e definitiva realizzazione soltanto in cielo?
Certamente il regno di Dio non si afferma in questa esistenza in tutti gli uomini, ma soltanto in quelli che entrano in quel potere o potenza che è unicamente del Cristo. Possiamo semplicemente dire che regno di Dio è Gesù stesso Salvatore, il re mandato dal cielo perché prenda possesso dei nostri cuori. È una realtà separata e distinta dal mondo, che tuttavia vive accanto ad esso in tempi concomitanti.
Nessuna comunicazione e comunione tra il regno di cui il Satana è detto il principe e la novità di vita portata dal Cristo. Separato dal mondo, il regno di Dio su questa terra vive tuttavia in comunione con il regno dei cieli: è ad esso aperto e con esso comunicante. In che senso il regno di Dio è venuto sulla terra? Nella sua realtà più intima, nascosta nel cuore di ognuno che accoglie Cristo Salvatore, morto e risorto per noi tutti. Gesù, entrando in noi ha preso possesso di tutta la nostra realtà creata, per renderla conforme alla volontà del Creatore, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.
È dato gratuitamente, ma si conserva solo con la perseveranza e con una fede incrollabile, da testimoniare fino alla fine, cioè fino a quando il regno di Dio che è su questa terra, non si incontrerà con quello che è nei cieli, per una completa ed irrevocabile assimilazione ed identificazione.
Alcuni esegeti hanno preteso di identificare il regno di Dio sulla terra, con la Chiesa che vive in questo mondo. Niente di più assurdo. La Chiesa militante, benché scelta dal Signore come luogo privilegiato di salvezza, come luce e guida delle anime, è esposta agli attacchi e agli inganni del Satana. E, in quanto composta da uomini peccatori, NON SI PUÒ METTERE SULLA STESSO PIANO DELLA GERUSALEMME CELESTE, CHE È LA VERA, ETERNA CHIESA, FATTA DI SOLI SANTI, IL CUI UNICO CAPO È CRISTO. Sono due piani di realtà diversi, anche se comunicanti tra loro.
Torniamo al Vangelo. Queste due parabole, pur con scenari diversi, vanno accostate l’una all’altra in quanto il loro significato è simile. Gesù ci insegna che il regno dei cieli è il bene più prezioso, in confronto al quale tutto il resto è nulla, e dello stesso ce ne possiamo liberare senza alcun rimpianto, anzi, dobbiamo farlo con gioia. Perché con gioia e determinazione si liberano delle ricchezze umane coloro che hanno scoperto l’unica ricchezza, che dura in eterno.
Purtroppo gli uomini scoprono i beni terreni e per essi si giocano e vendono la loro vita al Maligno. Allo stesso modo nessuno può trovare i beni celesti, se non li ricerca con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le sue forze.
COSÌ L’UOMO CHE TROVA IL TESORO non sta scavando per altro scopo, come può fare il contadino quando prepara la terra per la semina, MA SCAVA PER TROVARE L’UNICO BENE. Egli scava e indaga là dove gli è giunta voce che altri hanno trovato.
Legge le Scritture, voltando e rivoltando con attenzione ogni parola, finché non trova in esse la Parola che è vita. Il campo di ricerca è dato gratuitamente ed è ben circoscritto e delineato, non si deve uscire da esso, perché fuori di esso non si trova alcun vero tesoro.
Ma per trovare bisogna cercare e per cercare bisogna uscire dall’esistenza quotidiana, rischiare il poco che è certo per il molto che è incerto… finché il Cristo non si scopre in tutta la sua bellezza… alla tenacia di chi lavora di zappa e di vanga, ruminando la parola senza stancarsi e senza abbandonare.
La seconda parabola aggiunge alla prima lo spirito di avventura del mercante che, insoddisfatto dei beni che possiede, ne cerca degli altri, finché, un giorno, non trova una perla di incomparabile bellezza e viene convinto che nulla al mondo vi è di più prezioso. Da quel momento ha occhi solo per quella perla, la vuole ad ogni costo: per essa abbandona la vita di un tempo, va e vende tutto ciò che possiede per farla sua. QUALE AMORE PORTA A TANTO, SE NON QUELLO DI DIO?
La vita non ha sapore, né novità alcuna, se non si è innamorati per tutta la vita, se non per l’unica perla che non conosce corruzione, né cambiamento alcuno. Nessun innamorato mostra incautamente a tutti la donna del proprio desiderio, per timore che gli venga portata via e di perderla, ma la nasconde e la custodisce nel proprio cuore, finché l’amore non si è consumato nelle nozze, nel vincolo eterno che nessuno potrà mai spezzare.
E nessuno vende tutti i beni che possiede, se prima non ha trovato colui che di ciò è degno. Nessun rimpianto per le cipolle d’Egitto per chi trova in Cristo la vera ricchezza, che nessun ladro potrà mai depredare.
A questo punto dobbiamo cercare di capire anche cosa sia il campo e anche il tesoro nascosto in esso, e cercare in che senso, “trovato questo tesoro, l’uomo va pieno di gioia e vende tutti i suoi averi, per comprare quel campo”.
Io credo proprio, in base a questo contesto, che il campo sia la Scrittura piantata nelle apparenze dei testi storici, della Legge, dei profeti, e degli altri concetti: grande e varia è la piantagione delle parole di tutta la Scrittura; il tesoro nascosto nel campo sono invece i sensi nascosti e soggiacenti a quelli apparenti, sensi della sapienza nascosta nel mistero e nel Cristo, nel quale sono nascosti i tesori della sapienza e della conoscenza. Un altro potrebbe affermare che il campo veramente ricolmo, che il Signore benedisse è il Cristo di Dio, mentre il tesoro nascosto in lui sono quelle realtà da Paolo dette nascoste in Cristo, nel dichiarare, a proposito del Cristo, che in lui sono nascosti i tesori della sapienza e della scienza.
Dice un teologo e filosofo greco ORIGENE ADAMANTIO (CIOÈ RESISTENTE COME IL DIAMANTE), DETTO L’ALESSANDRINO, nato ad Alessandria d’Egitto, 185 – Tiro, 254), considerato uno tra i principali scrittori e teologi cristiani dei primi tre secoli. Fu direttore della Scuola catechetica di Alessandria, all’interno della quale interpretò la transizione dalla filosofia pagana al cristianesimo e fu l’ideatore del primo grande sistema di filosofia cristiana. Egli avvertiva coloro che interpretavano le Sacre scritture di non fare affidamento sul proprio giudizio ma “sulla regola della Chiesa istituita da Cristo”. Per questo, aggiungeva, “noi abbiamo solamente due luci che ci possano guidare: Cristo e la Chiesa; la Chiesa riflette fedelmente la luce ricevuta da Cristo, come la luna riflette i raggi del sole:
- “Sono molti i mercanti che fanno commercio di tante cose, e dato che il regno dei cieli è simile non a uno chiunque di loro, ma a colui che va in cerca di buone perle, che trova una perla preziosa che ne vale molte e la compra in cambio di tutto, ritengo che sia questa una buona ragione per esaminare ciò che riguarda la natura della perla. Osserva diligentemente che non ha detto che vendette tutte quelle che aveva: effettivamente colui che va in cerca di belle perle non ha venduto solamente quelle che aveva acquistato, ma tutti i suoi averi, per comprare quella buona… Il Salvatore, proprio perché conosceva le differenze tra le perle, di cui alcune per la loro specie sono belle, altre brutte, ha detto:” Il regno dei cieli è simile ad un mercante che va alla ricerca di perle preziose”. Se infatti non ce ne fossero state anche di brutte tra le perle, non avrebbe detto che va alla ricerca di pietre preziose. Devi andare alla ricerca di queste perle nelle parole di ogni genere, che annunciano la verità e producono perle; le conchiglie che concepiscono – per così dire – dalla rugiada celeste e sono gravide della parola di verità che viene dal cielo devono essere i profeti: queste sono le buone perle, alla cui ricerca va il mercante, secondo l’espressione riferita precedentemente. Ora il capobranco delle perle, trovata la quale si trovano anche le altre, la perla di gran valore è il Cristo di Dio, la Parola al di sopra dei preziosi testi e pensieri della Legge e dei profeti: una volta trovato Lui, si afferrano facilmente tutte le altre realtà… Metterai poi le parole: “che va alla ricerca di perle preziose” in connessione con queste: “cercate e troverete e chi cerca trova. Cosa vuol dire infatti “cercate”, “oppure chi cerca trova?”. Ardirei affermare che le perle o la perla l’acquista colui che ha dato o perduto tutto, di cui Paolo dice: “tutto ho lasciato perdere al fine di guadagnare Cristo”, intendendo per “tutto” le altre perle preziose e per “guadagnare Cristo” l’unica perla di gran valore”.
Traiamo allora un insegnamento oggi dalla Scrittura: IL MERCANTE VENDE E COMPRA, mentre IL CRISTIANO VENDE SÉ STESSO A CRISTO E COMPRA IL REGNO.
Vale la pena credere. Vale la pena di lasciare tutto per seguire il Signore. Vale la pena accettare la sua sfida, alzarci e seguire LUI che può colmare il nostro cuore più di quanto possa fare il più grande amore umano.
Vale la pena faticare, perché la fede richiede inevitabilmente uno sforzo, un discernimento continuo. Vale la pena, come chi, casualmente, trova nel giardino di casa un tesoro, come il collezionista che finalmente trova la perla desiderata da tutta una vita e vende tutto ciò che ha per possederla.
COSÌ SCRIVE MATTEO, TRENT’ANNI DOPO AVERE SEGUITO IL NAZARENO. NON È STATO LO SLANCIO EMOTIVO ED ENTUSIASTA DEL GIOVANE, DOPO TANTI ANNI MATTEO SI RIVEDE E LO TESTIMONIA: NE È VALSA LA PENA.
MA FACCIAMO ATTENZIONE, FRATELLI E SORELLE perché:
- la fede può entrare nella nostra vita in maniera improvvisa e riempirci il cuore di entusiasmo.
- ma l’abitudine può mettere a dura prova anche l’entusiasmo più sincero e logorare la nostra fede come si logora l’innamoramento nella quotidianità del matrimonio.
Matteo, invece, 30 ANNI DOPO LA SUA ESPERIENZA, afferma che l’incontro con il Signore è l’evento più straordinario della sua vita.
Allora io credo che anche noi dobbiamo fermarci, riflettere e fare il punto della nostra vita: E CHIEDERCI SE NE È VALSA LA PENA.
Sperando di non tediarvi, vi rubo un ultimo istante per regalarvi un insegnamento di Origene, per lo studio per le SCRITTURE SANTE, riportata nel 4’ Libro del “DE PRINCIPIS” (IV 2, 4 Görgemanns – Karpp):
«Ecco quel che a noi sembra il criterio secondo il quale ci si deve dedicare alle Scritture e comprenderne il significato, UN CRITERIO RICAVATO DALLE STESSE PAROLE DELLA SCRITTURA. […]
Perciò tre volte bisogna notare nella propria anima i concetti delle Sacre Scritture:
- così il semplice trova edificazione, per così dire, nella carne della scrittura – indichiamo così il senso che è più alla mano -;
- colui che ha un poco progredito trova edificazione nell’anima della scrittura;
- il perfetto […] [trova edificazione] nella legge spirituale, che contiene l’ombra dei beni futuri.»
Il cardinal Jean Daniélou (1905-1974) ha definito Origene «il più grande genio del cristianesimo insieme con sant’Agostino». A ragione egli è considerato IL PADRE DELL’ESEGESI BIBLICA per aver commentato tutti i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento in un’opera esegetica gigantesca. Il suo metodo fa appello alla distinzione tra i tre sensi della Sacra Scrittura:
il senso letterale,
il senso morale o tropologico
e il senso spirituale o anagogico,
…in corrispondenza con le tra componenti umane, ovvero il corpo, l’anima e lo spirito. Ma ha fatto anche altro. Ha suddiviso l’ordine di sequenza degli Evangeli, che è rimato tale, come ci tramanda Eusebio di Cesarea (265-340) nella sua Storia ecclesiastica: 1° Matteo, 2° Marco, 3° Luca, 4° Giovanni:
- dapprima è stato scritto il Vangelo secondo Matteo, che fu un pubblicano prima di essere apostolo di Gesù Cristo: egli ha scritto il Vangelo per i credenti di origine giudaica e ha composto il suo testo in lingua ebraica.
- Poi c’è il Vangelo secondo Marco, che ha redatto il suo libro grazie alle indicazioni dell’apostolo Pietro; del resto Pietro, nella sua prima lettera cattolica, ha chiamato Marco suo figlio, quando dice: “la Chiesa eletta che è a Babilonia vi saluta, così anche Marco mio figlio”.
- Il terzo è il Vangelo secondo Luca, che è stato più volte citato da Paolo nelle sue lettere; Luca ha composto il Vangelo per i credenti di origine pagana.
- E infine il Vangelo secondo Giovanni».
Sia Lodato Gesù, il Cristo!