28.09.2022 – MERCOLEDI’ XXVI SETTIMANA P.A. C – LUCA 9,57-62 “Ti seguirò dovunque tu vada”.
… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo LUCA 9,57-62
In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio». Parola del Signore
Mediti…AMO
Con questo brano si apre la seconda parte del vangelo secondo Luca, che ci racconta del viaggio di Gesù a Gerusalemme, dove sarà arrestato, condannato e crocifisso.
L’inizio di questa seconda parte è particolarmente solenne “…ora, avvenne che, mentre stavano per compiersi i giorno della sua elevazione, egli indurì il suo volto per camminare verso Gerusalemme”.
Stanno per compiersi dei giorni in cui avverrà per Gesù l’evento della sua elevazione in cielo. Ed egli lo sente dentro di sé come una necessità innanzitutto umana (il profeta non può non essere perseguitato e ucciso proprio a Gerusalemme, dirà Luca 13,34-35), nella quale è inscritta la necessitas divina: se Gesù obbedisce alla vocazione e non si sottrae ai nemici, difendendosi o fuggendo, allora sarà tolto, elevato da questa terra verso il Regno, verso il Padre.
E questa sarà l’ora del suo esodo da questo mondo (Lc 9,31), e questa dipartita è chiamata da Luca – che si ispira al racconto della fine di Elia (2Re 2,8-11) – elevazione, ascensione, rapimento.
È significativo che Luca usi lo stesso termine (il verbo analambáno) per parlare dell’ascensione di Gesù al cielo (At 1,2.11.22).
Gesù allora “indurì il suo volto per camminare verso Gerusalemme”, cioè serrò i denti, assunse un volto severo e determinato perché, sapendo di andare incontro a una fine tragica, doveva anche lui sconfiggere la paura che lo assaliva.
Radunò tutte le sue forze, prese coraggio dal profondo del cuore e, sapendo che il Signore Dio era con lui, “rese il suo volto duro come pietra, sapendo di non restare confuso” (Is 50,7).
Questo modo dell’indurire il volto è tipica del profeta che a volte sperimenta che è Dio a dargli forza, per aiutarlo contro i nemici. Ma anche che, altre volte, è lui stesso a dover indurire la faccia per poter accettare il destino di persecuzione.
Spesso non pensiamo alla fatica, alla paura e all’angoscia vissute da Gesù, ma la sua condizione di piena umanità non lo ha preservato da questi sentimenti di fronte a ciò che si profilava davanti a sé.
Umanamente Gesù ha provato lo stesso sconforto di Elia davanti alla persecuzione di Gezabele (1Re 19,1-8), ha provato l’angoscia di Geremia quale agnello condotto al macello (Ger 11,19), ha faticato come il Servo ad accettare di dare la sua vita per i peccatori (Is 53,12).
In questa situazione, Gesù invia alcuni messaggeri davanti a sé, a preparargli la strada come nuovi precursori, ma questi, entrati in un villaggio di samaritani, vengono respinti.
È l’esperienza dell’opposizione a Gesù e al suo Vangelo da parte di quei samaritani che egli amava a tal punto da assumere alcuni di loro come esemplari, nella famosa parabola (Lc 10,33-35) e nel leggere in un incontro personale il risultato delle sue azioni messianiche (Lc 17,15-16).
I samaritani, scismatici e ritenuti impuri dai giudei, disprezzati e considerati come feccia, dunque oppressi, non accolgono però il Vangelo, perché DIFFIDANO DI GESÙ, E LO RIFIUTANO IN QUANTO GALILEO, MA SOPRATTUTTO, PERCHÉ ERA DIRETTO A GERUSALEMME.
Luca registra allora la reazione dei due discepoli fratelli, Giacomo e Giovanni, “boanèrghes, cioè ‘I figli del tuono’” (Mc 3,17), che appartenendo alla comunità di Gesù si sentono offesi e si rivolgono a Gesù stesso confidando nel potere che egli ha affidato loro “…Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. Ovvero, “vuoi che facciamo come Elia, il quale invocò il fuoco dal cielo che divorò i suoi nemici”? (1Re 18,36-40 e 2Re 1,10)
Era un’azione compiuta da un profeta grande come Elia, dunque può essere ripetuta a causa della presenza di Gesù, profeta più grande di Elia.
Giovanni e Giacomo non vanno condannati troppo facilmente: comprendere che la via di Gesù non è quella della condanna ma della misericordia, non era facile per loro, ebrei osservanti.
D’altronde, abbiamo visto che, erano proprio i più vicini a Gesù, spesso a interpretare male la sua volontà.
Accettare la debolezza proposta e VISSUTA da Gesù, la possibilità del fallimento della sua missione, accogliere il suo ministero non di condanna ma di salvezza del peccatore, non era per nulla facile…
Gesù registra la loro non conoscenza dei suoi sentimenti e dello stile della sua missione e denuncia che il loro cuore è abitato da uno spirito non conforme al suo.
Nella storia purtroppo succederà spesso che i discepoli di Gesù, proprio credendo di eseguire la volontà e il desiderio del Signore, in realtà lo contraddiranno e gli daranno il volto di un giudice venuto per castigare e distruggere i malvagi…
Ma vediamo nel dettaglio.
Oggi ascoltiamo tre dichiarazioni fatte da Gesù Cristo a tre uomini diversi che volevano seguirlo, ovvero, volevano la salvezza. Ad essi, Gesù mostra la necessità di riconoscere che avere Cristo vale più di qualsiasi altra cosa nella vita.
Infatti Gesù parla con queste tre uomini, chiarendo quale sia il costo per seguirLo, e della necessità di farlo con tutto il cuore.
Nella Bibbia, la frase “seguire Gesù” è un modo di descrivere la vera fede in Lui, ovvero, descrive uno che si aggrappa a Gesù Cristo per fede, e viene salvato, diventando un figlio di Dio, ricevendo il perdono per i suoi peccati.
Teniamo presente che il significato della realtà e della verità del discepolo è per il Vangelo non una relazione scolaro maestro, ma proprio questo “seguire”, che dice il percorrere la propria strada ESATTAMENTE dietro a Lui.
Quindi, mentre leggiamo questo brano, teniamo in mente che la frase “seguire Gesù” è una descrizione della salvezza.
IN QUESTO BRANO, GESÙ PARLANDO ANCHE A NOI, CI DICE CHE LA SALVEZZA VALE TUTTO.
E come, all’inizio della sua attività pastorale, in Galilea, Gesù aveva chiamato tre uomini: Pietro, Giacomo e Giovanni (Lc 5,8-11), anche qui, in Samaria, sono tre le persone che si presentano, a cui Gesù, detta le condizioni per la sequela.
- Luca 9,56-58: Il primo dei tre nuovi discepoli. “In quel tempo, mentre andavano per la strada, un tale disse a Gesù: “Ti seguirò dovunque tu vada”. Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. A questa prima persona che vuole essere discepolo, Gesù chiede di spogliarsi di tutto: non ha dove posare il capo, tanto meno deve cercare una falsa sicurezza dove posare il suo pensiero.
- Luca 9,59-60: Il secondo dei tre nuovi discepoli. Ad un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose. “Signore, concedimi di andare prima a seppellire mio padre”. Gesù replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio”. A questa seconda persona chiamata da Gesù a seguirlo, Gesù chiede di lasciare che i morti seppelliscano i loro morti. Si tratta di un detto popolare che significa: lascia le cose del passato. Non perdere tempo con ciò che è stato e guarda avanti. Dopo aver scoperto la vita nuova in Gesù, il discepolo non deve perder tempo con ciò che è già accaduto.
- Luca 9,61-62: Il terzo dei tre nuovi discepoli. “Un altro disse: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”. Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. A questa terza persona chiamata ad essere discepolo, Gesù chiede di spezzare i legami familiari. In un’altra occasione aveva detto: Chi ama suo padre e sua madre più di me, non può essere mio discepolo (Lc 14,26; Mt 10,37). Gesù è più esigente del profeta Elia che lascia che Eliseo saluti e si accomiati dai suoi genitori (1Re 19,19-21). Significa anche rompere con l’attaccamento alle proprie origini razziali e con la struttura familiare patriarcale.
Possiamo constatare che il primo uomo si offre di seguire Gesù, ma Gesù gli mostra il costo di seguirLo.
Riguardo al secondo, Gesù lo chiama a seguirLo, ma l’uomo vuole rimandare il fatto di seguire Gesù a causa dei rapporti con gli altri.
Il terzo uomo ha come ostacolo un cuore diviso.
Nelle risposte di Gesù a questi uomini, possiamo comprendere che cuore è necessario avere per poter ricevere il dono della salvezza in Cristo Gesù.
È certamente un panorama molto complesso, all’interno del quale nemmeno i suoi discepoli sono all’altezza della situazione e ancora non hanno capito cosa stia veramente succedendo: Giovanni ha appena proposto la distruzione del villaggio di samaritani che non li ha accolti.
Chi, allora, è disposto a seguire il Signore in questa scelta che lo porterà a morire?
Non chi prende la fede come un comodo luogo in cui rifugiarsi lontano dal mondo, come molti fanno.
E nemmeno chi mette al primo posto la famiglia, o chi assoggetta il vangelo alle buone e sante abitudini.
E nemmeno chi si volge indietro, rimpiangendo il passato o analizzando all’esasperazione le proprie azioni.
Gesù ha bisogno di uomini liberi, disposti a seguirlo senza certezze, disposti ad amarlo più di ogni altro affetto, disposti a mettersi in gioco ogni giorno, come Lui, senza guardare al passato.
Uomini che siano all’altezza della sua passione per Dio.
Non si illuda colui che, allora e anche oggi, prova il fascino del Vangelo come un’avventura allo sbaraglio di quel che, proprio perché difficile, esalta molti con prospettive di coraggioso ardimento.
Gesù ha vissuto lo svuotamento totale di sé stesso. Ha vissuto l’assoluta povertà e questo non è stato per Lui, né per chi o segue, un approccio di vita all’insegna della comodità.
Egli non ha avuto nemmeno di dove posare il capo, dirà in una famosissima metafora, perché si è completamente affidato all’amore misericordioso: tangibile espressione del Padre suo e nostro. E questo lo si capisce da due passi, del vangelo dove si dice così:
- “Io non sono del mondo” (Gv 17,14);
- “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv 18,36).
Ecco allora che la problematicità dei nostri “Ti seguirò”, sta nella divinità di Gesù, nella sua assoluta alterità rispetto a noi.
Lui sta in un “oltre”, che a noi è inaccessibile.
C’è un esempio chiarificatore nel contesto dell’ultima cena:
- “Gesù disse ai suoi commensali: “Dove vado io voi non potete venire”. Pietro allora domandò: “Signore, dove vai?”. Gli rispose Gesù: “Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi; mi seguirai più tardi”. Pietro disse: “Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te!”. Rispose Gesù: “Darai la tua vita per me? In verità, in verità io ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte” (Gv 13, 36-38).
Come potete vedere anche Pietro esprime il suo proposito di seguire Gesù, fino a dare la vita per lui.
Ma Gesù gli preannuncia che quel che farà subito sarà di rinnegarlo, non di seguirlo e di dare la vita. Ma gli preannuncia anche che in seguito invece lo seguirà “più tardi” fino a dare la vita.
Che ci sta in mezzo ai due momenti? In mezzo ci sta la Pasqua, il dono della vita da parte di Gesù: questo consentirà a Pietro di vivere pienamente il suo proposito di sequela.
La fede autentica è un continuo consegnarsi, NELLA COMUNIONE, al Signore DIO, nella certezza che Egli opera nella nostra vita e ci sollecita a collaborare con Lui per il trionfo del bene nella storia che viviamo.
Comunione che è più forte di ogni evento, di ogni causa di divisione, di ogni impressione di “fallimento” che a volte abbiamo della nostra vita di fede.
Nessuno e nulla può spezzare la comunione d’amore con il Signore. Il suo amore per noi peccatori è più potente di ogni nostra vicenda di infedeltà e divisione.
La sequela del Vangelo richiede anzitutto la vittoria sul proprio egocentrismo e l’abbandono delle proprie tradizioni per scegliere Gesù Cristo come unico Signore della nostra vita.
È una scelta radicale, com’è radicale l’amore di Dio per noi.
Ragioniamoci sopra…
Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!