26.05.2022 – GIOVEDI’ 6′ SETTIMANA DI PASQUA SAN FILIPPO NERI – GIOVANNI 16,16-20 “Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

LA VITA E IL PENSIERO DEL SANTO

Filippo Romolo NERI (Firenze 1515 – Roma 26 maggio 1595), sacerdote (1551), canonizzato il 12.03.1622 da Papa Gregorio V’, fondò l’Oratorio che da lui ebbe il nome.

Figlio di un notaio fiorentino di buona famiglia. Ricevette una buona istruzione e poi fece pratica dell’attività di suo padre; ma aveva subito l’influenza dei domenicani di san Marco, dove Savonarola era stato frate non molto tempo prima, e dei benedettini di Montecassino, e all’età di diciott’anni abbandonò gli affari e andò a Roma.

Là visse come laico per diciassette anni e inizialmente si guadagnò da vivere facendo il precettore, scrisse poesie e studiò filosofia e teologia.

A quel tempo la città era in uno stato di grande corruzione, e nel 1538 Filippo Neri cominciò a lavorare fra i giovani della città e fondò una confraternita di laici che si incontravano per adorare Dio e per dare aiuto ai pellegrini e ai convalescenti, e che gradualmente diedero vita al grande ospizio della Trinità.

Filippo passava molto tempo in preghiera, specialmente di notte e nella catacomba di san Sebastiano, dove nel 1544 sperimentò un’estasi di amore divino che si crede abbia lasciato un effetto fisico permanente sul suo cuore.

Nel 1551 Filippo Neri fu ordinato prete e andò a vivere nel convitto ecclesiastico di san Girolamo, dove presto si fece un nome come confessore; gli fu attribuito il dono di saper leggere nei cuori.

Ma la sua occupazione principale era ancora il lavoro tra i giovani.

San Filippo era assistito da altri giovani chierici, e nel 1575 li aveva organizzati nella Congregazione dell’Oratorio.

Per la sua società (i cui membri non emettono i voti che vincolano gli ordini religiosi e le congregazioni), costruì una nuova chiesa, la Chiesa Nuova, a santa Maria “in Vallicella”.

Diventò famoso in tutta la città e la sua influenza sui romani del tempo, a qualunque ceto appartenessero, fu incalcolabile.

Unì all’esperienza mistica, che ebbe le sue più alte espressioni specialmente nella celebrazione della Messa, una straordinaria capacità di contatto umano e popolare.

Fu promotore di forme nuove di arte e di cultura. Catechista e guida spirituale di straordinario talento, diffondeva intorno a sé un senso di letizia che scaturiva dalla sua unione con Dio e dal suo buon umore.

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

I discorsi di addio di Giovanni, che annunziano la mancanza di Gesù, preparano gli apostoli a stare senza di lui.

Ma valgono anche per noi che Gesù non lo abbiamo mai visto.

E per quale motivo dobbiamo essere felici, perché? Da dove dobbiamo tirare fuori questa tristezza e questa gioia?

Facile a dirsi. Meno facile a farsi. Dobbiamo radicarla nella vitalità della resurrezione, nell’esperienza vitale di Gesù che fa nuove tutte le cose.

Il discorso delle beatitudini sintetizza un cammino concreto verso la gioia, che passa attraverso la fame di giustizia, la mitezza, la pace, il distacco.

Un cammino di gioia che è immediatamente cammino di santità.

Gesù, infatti, non promette una gioia che il mondo possa immediatamente riconoscere e fare propria. È il paradosso della “perfetta letizia” di cui parla Giacomo (Gc 1,2-2):

  • 2Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, 3sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza. 4E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla”.

Ecco allora che la sconfitta agli occhi del mondo è la vittoria di Dio!

Gesù, infatti, ci sprona a non cedere, a tenere duro, a non mollare.

Se anche ci sono degli inevitabili momenti di tristezza, dobbiamo fissare il nostro sguardo sulla gioia che ci sarà data quando, alla fine del percorso, vedremo Dio “faccia a faccia”.

Sant’Agostino, commentando questo testo, nella sua famosa “Omelia 101”, dice:

La Chiesa partorisce ora gemendo, un giorno partorirà esultando: ora partorisce pregando, un giorno lodando Dio.

  1. Queste parole del Signore: Ancora un poco e non mi vedrete più, e un altro poco e mi vedrete, perché vado al Padre (Gv 16, 16), prima che si realizzassero erano talmente oscure per i discepoli, che dalle domande che si facevano a vicenda, dimostravano chiaramente di non averne capito il senso.

Il Vangelo infatti prosegue dicendo: Allora, alcuni dei suoi discepoli dissero fra loro: Che è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete più, e un altro poco e mi rivedrete, e vado al Padre? Dicevano perciò: Che cosa è questo poco di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire (Gv 16, 17-18). Il motivo che li teneva sospesi erano appunto queste parole: Ancora un poco e non mi vedrete, e un altro poco e mi rivedrete.

Siccome precedentemente non aveva detto: un poco, ma aveva detto: Vado al Padre e non mi vedrete più (Gv 16, 10), sembrò che parlasse loro apertamente, e in proposito non si eran fatta tra loro alcuna domanda.

Ciò che ai discepoli era sembrato tanto oscuro e subito diventò chiaro, è chiaro ormai anche per noi: poco dopo infatti ci fu la sua passione ed essi non lo videro più; ma poi, dopo un altro breve intervallo di tempo, egli risuscitò, e lo videro di nuovo. Il senso della frase: Ormai non mi vedrete, in cui usando l’avverbio ormai vuol far capire che non lo vedranno più, lo abbiamo già spiegato, quando abbiamo sentito il Signore che diceva dello Spirito Santo: redarguirà il mondo quanto a giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più: cioè i discepoli non avrebbero più visto il Cristo nella sua condizione mortale.

  1. Gesù, conoscendo che volevano interrogarlo – prosegue l’evangelista – disse loro: Vi chiedete l’un l’altro che significa ciò che ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete, e un altro poco e mi rivedrete. In verità, in verità vi dico: voi piangerete e farete cordoglio, ma il mondo si rallegrerà; voi vi rattristerete, ma la vostra tristezza si muterà in gioia (Gv 16, 19-20).

Questo può prendersi nel senso che i discepoli si sono rattristati per la morte del Signore, e immediatamente si sono rallegrati per la sua risurrezione; il mondo, invece, con cui sono indicati i nemici che misero a morte Cristo, hanno esultato per la morte di Cristo, proprio quando i discepoli erano nella tristezza.

Per mondo si può anche intendere la malvagità di questo mondo, cioè degli amici di questo mondo, secondo quanto l’apostolo Giacomo dice nella sua lettera: Chi vuole essere amico del mondo, si costituisce nemico di Dio (Gc 4, 4). È questa inimicizia contro Dio che non risparmiò neppure il di lui Unigenito”.

È importantissimo il verbo “vedere”, che Giovanni usa due volte, non a caso:

  1. il primo “vedere” indica una conoscenza storica e fisica,
  2. il secondo “vedere” si lega al v.22 in cui Gesù dice “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda” perché nell’incontro definitivo con Lui vedremo Dio “faccia a faccia” e sarà Lui ad “aprire le nostre intelligenze alle Scritture” e alla “Verità”.

Ma questo tempo non è solo l’ultimo momento del trapasso, ma chiaramente è possibile viverlo fin da ora sulla Terra! Gesù ha promesso il Paraclito, lo Spirito di Verità che “prenderà del Suo” e ce lo rivelerà.

Possiamo ogni giorno “vederlo” in modo vero e nuovo e profondo, se docili allo Spirito Santo, morendo a noi stessi, facendo il passaggio dall’accogliere il dolore offrendolo per amore finché Lui stesso non lo tramuterà in gioia.

  • “Dissero allora alcuni dei suoi discepoli tra loro «Che cos’è questo che ci dice: Ancora un poco e non mi vedrete, e un po’ ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?». Dicevano perciò: «Che cos’è mai questo “un poco” di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire». Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete e un po’ ancora e mi vedrete? In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia.” Come nel parto la donna soffre e geme, ma successivamente la sua gioia è più grande del dolore vissuto, così noi fidandoci di Lui possiamo passare dalla sofferenza alla gioia piena”.

Ma cos’è questo “poco” ancora?

Leggendo le apparizioni di Fatima, vediamo che la Madonna, dialogando con i pastorelli, dice che Giacinta e Francesco presto saranno con Lei, ma invece a Lucia dice “dovrai per un po’ di tempo” restare sulla terra come strumento scelto da Gesù.

E noi abbiamo visto che Lucia dos Santos, è deceduta 97 anni, al Carmelo di S.Teresa, a Coimbra, intorno alle 17,25 del 13 febbraio 2005.

Certamente, voi mi direte, per il Cielo i 97 anni sono “un poco…” Ed avete ragione Fratelli e Sorelle, perché nel salmo 84 leggiamo:

  • “Ai tuoi occhi, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia nella notte”.

I tempi di Dio non sono i nostri tempi e ogni attimo è l’unico presente da vivere, per avere la GRAZIA di poter “vedere in modo nuovo e profondo” il Cristo!

Ha detto un dottore della Chiesa, SAN BONAVENTURA DA BAGNOREGIO (1217-1274, denominato “Doctor Seraphicus”, fu Cardinale, Filosofo e Teologo), amico di San Tommaso d’Aquino e uno tra i più importanti biografi di SAN FRANCESCO DI ASSISI:

  • “Interroga la grazia, non la scienza, il desiderio non l’intelletto, il sospiro della preghiera non la brama del leggere, lo sposo non il maestro, Dio non l’uomo, la caligine non la chiarezza, non la luce ma il fuoco che infiamma tutto l’essere e lo inabissa in Dio con la sua soavissima unzione e con gli affetti più ardenti.”

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!