24.11.2023 – VENERDI’ SANTI ANDREA DUNG-LAC E COMPAGNI – LUCA 19,45-48 “Avete fatto della casa di Dio un covo di ladri”.

«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16

Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”

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Dal Vangelo secondo LUCA 19,45-48

+ In quel tempo, Gesù, entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà casa di preghiera”. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo. Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Il cattolicesimo giunse nella regione del Tonchino, Annam e Cocincina – ora Vietnam – sul finire del secolo XVI, con padre Alexandre de Rhodes, gesuita francese, considerato il primo apostolo di quella giovane Chiesa asiatica, e poi ad opera di intrepidi missionari, ma fu continuamente osteggiato dai regnanti locali: tra i secoli XVII e XIX.

Nel 1645, padre de Rhodes fu espulso: da allora insorsero varie persecuzioni, alternate a periodi di pace.

In quei momenti di tregua, i missionari di varie congregazioni si stabilivano nel territorio, rincuorando i fedeli e soprattutto istituendo le “Case di Dio” per la formazione del clero locale e dei catechisti.

Dal 1645 al 1886 si ebbero ben 53 editti contro i cristiani, con la morte di circa 113.000 fedeli.

Durante il regno di Minh Mang (re dal 1821), la persecuzione divenne spietata: anche chi osava solo nascondere i cristiani venne condannato a morte.

Anche l’imperatore Tu Duc (che regnò dal 1847 al 1883) odiava tutto ciò che era europeo, non distinguendo la politica dalla religione.

Stabilì che chiunque avesse collaborato alla cattura di un missionario avrebbe dovuto ricevere 300 volte d’argento.

Il missionario, invece, dopo che gli venne spaccato il cranio, avrebbe dovuto essere gettato nel fiume.

I sacerdoti locali ei catechisti stranieri venivano sgozzati, mentre ai catechisti locali venivano impressa sulla guancia con un ferro rovente la scritta “Ta dao”, che significa “Falsa religione”, additandoli così al pubblico disprezzo.

I semplici fedeli cristiani, invece, potevano avere salva la vita se calpestavano la croce davanti al giudice.

Davanti alla fermezza nella fede dei cristiani, il sovrano ne ordinò la dispersione e la confisca dei beni: i mariti vennero dalle mogli ei figli dai genitori; molti vennero esiliati in regioni lontane, in mezzo a popolazioni non cristiane.

117 di essi, beatificati negli anni 1900, 1906, 1909 e 1951, sono stati unificati in un solo gruppo e canonizzati da san Giovanni Paolo II, che li ha anche dichiarati PATRONI DEL VIETNAM con la Lettera apostolica «Si quidem cunctis» del 14 dicembre 1990.

Di questa miriade di eroi della fede, la Chiesa ha selezionato quelli di cui è stato possibile ricostruire la vita e accertare il martirio.

Il gruppo comprende: 8 vescovi, 50 sacerdoti, 59 laici (tra cui medici, militari, molti padri di famiglia e una madre di famiglia).

A rappresentarli tutti, il Martirologio Romano, nomina Andrea Dung-Lac, primo catechista e poi sacerdote, che riscuote in Vietnam una particolare devozione.

La data della memoria liturgica unitaria è il 24 novembre, giorno nel quale morirono tre di essi.

Il martirio fecondò la semina apostolica in questo lembo dell’Oriente.

Dal 1625 al 1886, salvo rari periodi di quiete, infuriò una violenta persecuzione con la quale gli imperatori e i mandarini misero in atto ogni genere di astuzie e di perfidie per stroncare la tenera piantagione della Chiesa.

Il totale delle vittime, nel corso di tre secoli, ammonta a circa 130.000.

La crudeltà dei carnefici, non piegò l’invitta costanza dei confessori della fede: decapitati, crocifissi, strangolati, segati, squartati, sottoposti a inenarrabili torture nel carcere e nelle miniere fecero rifulgere la gloria del Signore, «che rivela nei deboli la sua potenza e dona agli inermi la forza del martirio».

Giovanni Paolo II, la domenica 19 giugno 1988, accomunò nell’aureola dei santi una schiera di 117 martiri di varia nazionalità, condizione sociale ed ecclesiale: sacerdoti, seminaristi, catechisti, semplici laici fra cui una mamma e diversi padri di famiglia, soldati, contadini, artigiani, pescatori.

Un nome viene segnalato: Andrea Dung-Lac, presbitero, martirizzato nel 1839 e beatificato nel 1900, anno giubilare della redenzione, da Leone XIII. Il 24 novembre è il giorno del martirio di alcuni di questi santi.

Ma veniamo ora al testo evangelico odierno.

Dopo avere pianto, ieri, sulla città di Gerusalemme, il Signore oggi entra nel tempio per predicare e non vuole affatto che la casa di preghiera diventi un luogo di mercato e caccia i mercanti dal suo interno.

Ma vorrei che capissimo bene quello che facevano questi commercianti.

Le loro non erano attività cattive in se stesse.

I pellegrini arrivavano a Gerusalemme da tutto il mondo, e avevano bisogno di comprare gli agnelli o le coppie di tortore o di colombe che occorrevano per il sacrificio.

Inoltre, il denaro per dare il contributo al Tempio o per pagare il riscatto dei figli primogeniti doveva essere moneta israelita.

Era necessario, dunque, che vi fossero dei venditori di animali e dei cambiavalute, ma non era certamente l’interno del Tempio il luogo migliore per tali operazioni.

Purtroppo, i mercanti, con l’ansia di collocare il loro punto-vendita nel posto migliore, avevano occupato sempre nuovi spazi, fino al punto di oltrepassare le porte del Tempio.

Essi, che dovevano servire a stimolare la lode e il ringraziamento del popolo di Israele, si stavano, di conseguenza, servendo del Tempio per i loro affari personali, lasciando in secondo piano la lode e il ringraziamento.

In questa scena possiamo immaginare ognuno di noi. Gesù vuole entrare nel Tempio del nostro cuore, della nostra anima, della nostra vita – siamo figli di Dio, Tempio dello Spirito Santo.

E il Maestro viene con la stessa emozione, con lo stesso proposito: fare della nostra vita una casa di preghiera, un luogo dove vivere in intimità con noi.

Il problema è che a volte, pure in tanta GRAZIA, ci abituiamo, perdiamo la capacità di meravigliarci, perdiamo il senso della nostra vita E LASCIAMO DIO IN UN ANGOLO BUIO.

E, finiamo col dare più importanza al nostro lavoro, al nostro riposo, ai nostri divertimenti, al nostro modo di vedere la vita, CHE A DIO.

Anche queste, sono tutte cose in se stesse buone, ma se ci lasciamo andare, se non facciamo della nostra anima una casa di preghiera, finiamo col mettere Dio in secondo piano.

Comunque, tornando al vangelo, il testo mette in evidenza la reazione immediata, da parte dei sommi sacerdoti e degli scribi, che volevano far morire Gesù ma, pur essendo sostenuti dai capi politici di allora, avevano paura della folla che pendeva dalla Sua Parola.

E il Maestro tenta ancora, osa, sfida l’inevitabile. Non si arrende e parla con forza, con convinzione.

Le sue parole sono sferzanti contro chi arriva per fino a profanare la sacralità della casa di Dio pur di far soldi e mercato.

Chiede di non riporre fiducia in quelle pietre, in nessuna pietra.

Ricorda a tutti che il rapporto con Dio non è un mercanteggiare con lui dei favori.

Va all’essenziale, ad un popolo stordito dalla gloria del tempio e dallo sfarzo delle liturgie richiama la vita interiore, la vita spirituale, essenziale e dimessa.

Parla di un Dio vicino, che è PADRE, CHE NON È UN IDOLO, ad un popolo che sente invece parlare dell’inaccessibilità del divino.

Fratelli e Sorelle, l’idolo è la nostra idea di Dio.

Ogni volta che chiudiamo Dio nei nostri schemi, e diciamo che dovrebbe agire in un certo modo, ogni volta che gli diamo contorni fatti a nostra misura, stiamo facendo un idolo.

Siamo dei folli che si fanno statuette e dicono: ecco Dio!

E in questo terribile contesto, il Signore del tempo e della storia, parla di conversione a gente che sente solo parlare di sacrifici.

Ma insiste, perché ci crede, perché difende il vero volto del Padre.

E la folla pende dalle sue labbra, è affascinata, e così deve avvenire per noi e in noi, affinchè possiamo diventare con la nostra vita, UNA CASA DI PREGHIERA, che abbia fondamenta solide e con tende accoglienti.

Una casa in cui Dio può abitare, fermarsi a far quattro chiacchiere o anche solo riposare, come a Mamre, dopo aver viaggiato in lungo e in largo ed esser stato più volte respinto.

Ma non basta recitare le orazioni, ma occorre costruire la vita con Lui, alla sua sequela, giorno dopo giorno, facendogli spazio dentro di noi, seguiendolo e imparando da Lui.

La nostra vita deve diventare UNA PREGHIERA, capace di dilatare il nostro cuore, trasformare i nostri sentimenti, le nostre emozioni e i nostri più piccoli gesti quotidiani.

Attraverso la preghiera diventiamo quella casa di Dio dove la miseria e la misericordia si possono incontrare, UN TETTO DOVE LA NOSTRA MISERIA ABBRACCIA L’INFINITA GRANDEZZA DI DIO…

La voce di Papa Benedetto XVI. Dal Libro di Joseph Ratzinger,Guardare a Cristo“:

  • “Un Gesù che sia d’accordo con tutto e con tutti, un Gesù senza la sua santa ira, senza la durezza della verità e del vero amore, non è il vero Gesù come lo mostra la Scrittura, ma una sua miserabile caricatura”.

Ragioniamoci sopra…Pace e Bene!

Il Signore IDDIO ti Benedica

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

…e ti prego di condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!