21.11.2022 – LUNEDI’ PRESENTAZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA – LUCA 21,1-4 “Una povera vedova gettava due monetine nel tesoro del tempio”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

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Dal Vangelo secondo LUCA 21,1-4

In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio. Vide anche u

na vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Il giorno dopo la dedicazione della basilica di Santa Maria Nuova costruita presso il muro del tempio di Gerusalemme, si celebra la dedicazione che fece di sé stessa a Dio fin dall’infanzia colei che, sotto l’azione dello Spirito Santo, della cui Grazia era stata riempita già nella sua IMMACOLATA CONCEZIONE, sarebbe poi divenuta la Madre di Dio, la “Theotòkos” (Concilio di Efeso 431 contro Nestorio).

Questa memoria mariana di origine devozionale, si collega a una pia tradizione attestata dal protovangelo di Giacomo. La celebrazione liturgica, che risale al secolo VI in Oriente e al secolo XIV in Occidente, dà risalto alla prima donazione totale che Maria fece di sé, divenendo modello di ogni anima che si consacra al Signore.

Dopo aver celebrato l’8 settembre la Natività di Maria Santissima e quattro giorni dopo, il 12, la festa del suo santissimo Nome, impostole poco dopo la nascita, il Ciclo mariano celebra in questo giorno la Presentazione al tempio, di questa Fanciulla “figlia di benedizione”.

Queste prime tre feste del Ciclo mariano sembrano un’eco del Ciclo cristologico, che in egual modo celebra il 25 dicembre la nascita di Gesù, otto giorni dopo il suo Santissimo Nome, e il 2 febbraio la Presentazione sua al tempio.

La Presentazione di Maria al tempio trae origine da un’antica tradizione e dallo stesso Vangelo di Luca. Questo fatto è celebrato in Oriente dal V secolo ed è legato alla dedicazione della Chiesa di Santa Maria Nuova in Gerusalemme nel 543.

L’Imperatore di Bisanzio, Michele Commeno, ne parla in una sua costituzione del 1166.

Filippo di Maizières, gentiluomo francese cancelliere presso la corte del Re di Cipro, essendo stato inviato come ambasciatore ad Avignone presso il Papa Gregorio XI nel 1372, gli narrò con quale magnificenza, si celebrasse presso i Greci il 21 novembre in onore della Madre di Dio.

Gregorio XI introdusse allora questa festa ad Avignone, e Sisto V la rese obbligatoria per tutta la Chiesa, nel 1585.

Clemente VIII la innalzò al grado “doppio maggiore”, e come per altre feste ne rielaborò l’Ufficiatura. Il nuovo calendario liturgico, dal 1969, giustamente conservò questa memoria per additare in Maria Colei che, concepita senza peccato originale, fin dalla sua più tenera età si è offerta totalmente a Dio per il Suo progetto di Salvezza: davvero una singolare Fanciulla tutta di Dio.

Narra l’Evangelista Luca, in occasione della Presentazione di Gesù al tempio (Lc 2,21-40), dopo l’incontro della Sacra Famiglia con il santo vecchio Simeone, che al tempio «c’era pure Anna, una profetessa figlia di Fanuel, della tribù di Aser, che era molto avanzata in età, vissuta con il marito sette anni, dopo il suo matrimonio, e vedova era giunta fino agli 84 anni. Ella non si allontanava mai dal tempio e con digiuni e preghiere serviva Dio notte e giorno. Sopraggiunta proprio in quell’ora, dava lode a Dio e parlava del Bambino Gesù a tutti quelli che aspettavano la liberazione di Gerusalemme».

Fu l’incontro di due anime – Maria, la Madre di Gesù, e la vecchia profetessa Anna – che si erano da tanto tempo e per tanto tempo conosciute, stimate e amate. Si ritrovavano insieme la più giovane ospite di quella sacra dimora, e la più anziana: la giovane Maria, che per tanti anni aveva guardato con umile e pia riverenza a quella santa vecchiezza; e la vecchia Anna, cui la celestiale piccola Maria aveva già lungamente rapito lo sguardo piamente pensoso e il cuore.

Ora, per entrambe, v’era la riprova e il più alto sigillo dell’antica comprensione.

Dunque, tutto questo fa supporre con fondamento che Maria Bambina sia stata presentata al tempio, in tenera età, per una sua singolare consacrazione a Dio, fin dai primissimi anni della sua vita.

C’era davvero un corpo di donne stabilmente addette al servizio del tempio e dimoranti in appositi locali attorno al tempio stesso.

La presenza di queste donne, addette soprattutto alla preghiera, è chiaramente suggerita da Esodo 38,8, e 1Sam 2,22, che parlano di donne che “prestano servizio” – “sabà” in ebraico –, indicando turni fissi quasi come le guardie militari.

Anche Giuseppe Flavio nelle sue Antichità Giudaiche (I,8, c.3) parla di numerose celle attorno al tempio, quasi come di un monastero.

Il fatto che Maria sia stata condotta giovanissima a vivere presso il tempio, in una totale offerta a Jahvè, è suggerito da forti argomenti di convenienza alla luce dell’elaborazione teologica. La singolarissima perfezione di natura e di Grazia, della immacolata Bambina, si manifestò infatti, pur nel quadro della umile vita ordinaria, con sorprendente bellezza naturale e soprannaturale, perfezione pratica di vita, trasporto in Dio.

Rispetto a ogni altra bambina, pure ottima, c’era l’enorme differenza che correva tra chi era nata Immacolata e piena di Grazia e chi era venuta al mondo con il peccato originale; tra chi aveva le passioni perfettamente soggette e chi le aveva ribelli; tra chi era precocissima e chi nasceva con la solita debolezza dei figli di Adamo; tra chi era destinata a diventare Madre di Dio e chi aveva solo un ordinario destino umano.

Tutto ciò colpì i suoi santi genitori, Giacchino e Anna, dalla Chiesa venerati sugli altari, e mostrò loro la grande convenienza che una così eccezionale e celestiale figlia venisse in modo del tutto speciale consacrata a Dio e godesse della privilegiata dimora del tempio, come altre vergini destinate al servizio di Dio.

Sicuramente anche Maria, piccola immacolata Fanciulla desiderò e volle intimamente tutto questo.

Tanto più vegliava su di Lei la amabilissima e specialissima Provvidenza di Dio.

Come Dio aveva singolarmente segregato per sé Giovanni il precursore di Gesù, tanto similmente pensò alla Madre del Figlio suo incarnato. Questa “segregazione”, questa “fuga mundi”, per cui il Santo, secondo l’etimologia greca “Hagios”, è colui che è separato dalla terra, era straordinariamente conveniente, pressoché indispensabile a Maria, per rispetto alle perfezioni sublimi che Dio le aveva donato fin dal suo Immacolato Concepimento.

Come avrebbe potuto permettere Dio che Ella potesse essere oggetto degli sguardi, anche puri, degli affetti e dei progetti di vita dei giovani del luogo? Tutto doveva essere bello, puro, verginale, tutto immacolato in Lei: mio Dio, che meraviglia, per noi impastati di fango! A tale riguardo era necessario un ritiro al tempio fin allo sposalizio castissimo con Giuseppe.

Dunque Maria Santissima, ancora bambina e fanciulla, noi la contempliamo nella sua presentazione al tempio, nella sua vita tutta di Dio – insieme ad Anna, assai più anziana di Lei – in attesa del compimento del suo sublime destino: l’Immacolata, la Tota Pulchra, la Vergine per eccellenza, tutta di Dio, nel corpo e nello spirito, diventerà la Madre del Figlio di Dio, Gesù, la Corredentrice accanto all’unico Redentore del mondo, la Madre della Chiesa, nata anche dal suo Cuore.

ESAME DEL TESTO EVANGELICO

La vedova offre a Dio il necessario che ha per vivere, non il superfluo.

Ella affida a Dio la propria vita senza preoccuparsi. Ella vive con FEDE, perché mette in pratica alla lettera l’insegnamento di Gesù:

  • Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete… Non cercate ciò che mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta” (Lc 12,22-31).

A Dio non si deve dare né tanto né poco né nulla, ma tutto ciò che siamo e abbiamo, perché “noi siamo suoi” (Sal 100,3).

L’unica cosa da fare è corrispondere liberamente al suo amore totale (Lc 10,27).

Questa donna è immagine della Chiesa. La Chiesa è la comunità dei piccoli, dei poveri e dei disprezzati, i quali però sono grandi davanti a Dio perché donano tutto ciò che hanno con umiltà e semplicità e pongono la loro fiducia in lui.

Nella Chiesa non contano i potenti e i sapienti: la vera storia è fatta dagli umili che, come questa vedova, vivono l’amore concreto nello Spirito del Signore. Gesù prima di morire ce li addita come maestri.

Così, in quest’ultima settimana dell’anno liturgico, in attesa del ritorno del Signore Gesù nella gloria, siamo invitati a dare tutto nella nostra vita, siamo chiamati ad evitare un atteggiamento minimalista, di rinuncia, di “sopravvivenza religiosa”, come troppo spesso accade nelle nostre stanche comunità che davvero, molto spesso, non aspettano più il ritorno dello sposo…

Il tempo della Chiesa, in attesa del ritorno del Signore Gesù, è il tempo in cui, noi discepoli, che camminiamo nei secoli, siamo chiamati a cercare di imitare il Maestro in tutto, con semplicità e generosità, gettando nel Tempio, là dove Dio abita, ciò che ciascuno di noi ha di necessario, per vivere, anche se all’apparenza è piccola cosa, come gli spiccioli della vedova.

Anche la Chiesa, vedova senza lo sposo, in attesa del suo ritorno è chiamata a compiere, nella quotidianità, quei gesti che ne avvicinano il Regno, che ne compiono la presenza, che ne profetizzano la vicinanza…

Allora Fratelli e Sorelle non diamo al Signore le cose che non ci servono, perché il Signore Iddio non gradisce i doni di Caino.

TROPPO SPESSO LA NOSTRA CARITÀ È LO SBARAZZARSI DI CIO’ CHE NON CI SERVE PIU’ O DI CIÒ CHE CI AVANZA.

Dio non ha bisogno di nulla, tutto gli appartiene.

E, quando si rende presente in mezzo agli uomini, si riveste di cenci, tende la mano, barcolla sotto il peso della malattia e della solitudine.

Non lasciamoci ingannare dalla bellezza effimera, perché in tutto ciò che ci ripugna si adombra la Sua presenza.

ALLORA LA CARITÀ NON È LIBERARSI DI ALCUNI VESTITI USATI, O DI QUALCHE PAIO DI SCARPE TROPPO STRETTA, MA È DARE DAL PROPRIO PIATTO, È DARE L’ESSENZIALE, È DONARE SÉ STESSI, CON TUTTO IL CUORE.

Dio non ha bisogno di nulla, tutto gli appartiene, ma quando si rende presente in mezzo agli uomini ha bisogno di tutto e, quando ci presenteremo davanti a Lui, ritroveremo solo l’essenziale condiviso.

E ci guarda, ogni istante, non dimentichiamolo. “Alzati gli occhi, vide…” (ver 1): è lo sguardo del Signore, che vede nel segreto dei cuori. Vede anche quella vedova povera, che nel tesoro del Tempio getta due monetine.

e…VEDE ANCHE NOI…..

Ragioniamoci sopra…

Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!