20 novembre 2024 mercoledì 33’ settimana p.a. B – LUCA 19,11-28 “Perché non hai consegnato il mio denaro a una banca?”
“«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16).
Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).
Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, affinché la tua Misericordia mi preceda e mi suggerisca, interiormente, al momento giusto, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.
E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il Mistero Pasquale, presente nell’umile quotidiano, e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ TORNARE A PASSEGGIARE.”
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Dal Vangelo secondo LUCA 19,11-28 |
+ In quel tempo, Gesù disse una parabola, perché era vicino a Gerusalemme ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all’altro. Disse dunque: «Un uomo di nobile famiglia partì per un paese lontano, per ricevere il titolo di re e poi ritornare. Chiamati dieci dei suoi servi, consegnò loro dieci monete d’oro, dicendo: “Fatele fruttare fino al mio ritorno”. Ma i suoi cittadini lo odiavano e mandarono dietro di lui una delegazione a dire: “Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi”. Dopo aver ricevuto il titolo di re, egli ritornò e fece chiamare quei servi a cui aveva consegnato il denaro, per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato. Si presentò il primo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate dieci”. Gli disse: “Bene, servo buono! Poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città”. Poi si presentò il secondo e disse: “Signore, la tua moneta d’oro ne ha fruttate cinque”. Anche a questo disse: “Tu pure sarai a capo di cinque città”. Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho tenuto nascosta in un fazzoletto; avevo paura di te, che sei un uomo severo: prendi quello che non hai messo in deposito e mieti quello che non hai seminato”. Gli rispose: “Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato: perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l’avrei riscosso con gli interessi”. Disse poi ai presenti: “Toglietegli la moneta d’oro e datela a colui che ne ha dieci”. Gli risposero: “Signore, ne ha già dieci!”. “Io vi dico: A chi ha, sarà dato; invece a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quei miei nemici, che non volevano che io diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me”». Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Parola del Signore
Mediti…AMO Marco 4,34 “4Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa”. |
Il brano del vangelo di oggi costituisce la conclusione del racconto del viaggio, che nel terzo Vangelo occupa ben dieci capitoli.
Durante il cammino che lo conduce a Gerusalemme, il Signore insegna ai suoi discepoli come devono vivere e agire per compiere la volontà di Dio.
Le sue istruzioni assumono il valore di un testamento di Gesù, all’interno delle quali si trova riassunta nella parabola di oggi, rinforzata dall’annuncio della caduta della città e della minaccia che ne verrà ai suoi discepoli (Lc 19,27)
In questa parabola che sembrerebbe un po’ inquietante, Gesù evoca il Regno di Dio, quello per cui è venuto al mondo, e si serve di un fatto capitato ai suoi tempi.
Archelao, alla morte di suo padre Erode, dovette recarsi a Roma per ricevere il mandato di regnare sulla sua gente.
“Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi” (Lc 19,14).
In questa situazione ciò che conta è il comportamento dei servi.
Quando infatti il neoeletto re ritorna, c’è la resa dei conti.
Chi, pavido e pieno di paure, non ha trafficato il denaro del re, ha la peggio.
Chi invece ha avuto iniziativa, coraggio, impegno, può gioire dell’enorme sproporzione tra la sua fatica, pur sempre limitata, circa il denaro messo a frutto e la stragrande ricompensa: ricevere potere su dieci città.
Questa situazione non deve spingerci a rinchiudere l’eredità dell’insegnamento e della salvezza che Gesù ci ha lasciato, come in un forziere, per archiviare il tutto come se si trattasse di un mero documento storico, almeno fino al ritorno (Lc 19,15) del Re dell’Universo.
La prima comunità cristiana di Gerusalemme, che ha conservato questa parabola, si aspettava che il ritorno trionfale del Signore seguisse di poco la risurrezione di Gesù, con il pericolo di cadere nella tentazione dell’ultimo servo: non affrontare alcun rischio, ma tenere riposta la “mina” in un fazzoletto (Lc 19,20).
Ma al Vangelo è estranea ogni mentalità del barricarsi.
Lo Spirito di Dio, scendendo sulla terra, spalanca le porte alla folla impaurita.
E, il cristianesimo, se è ben compreso, è caratterizzato dalla missione.
Perché nessuno è stato fatto cristiano per salvare soltanto se stesso.
E se in lui abita Cristo, il cristiano deve diventare una sorgente di salvezza per i fratelli, giacchè il suo cuore è pieno di gioia e di gratitudine per il dono prezioso della vita eterna.
Ecco perchè non può tacere “Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,20).
Per essere testimoni e per diffondere il Vangelo, c’è bisogno dolo di autenticità e di fedeltà al lieto messaggio.
Questo è il dovere di ogni battezzato, se, al ritorno di Cristo, non vuole sentirsi dire “Servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato […]. Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci” (Lc 19,22-25).
Mai dobbiamo dimenticare che abbiamo ricevuto qualcosa da restituire, dei doni da far fruttare, delle risorse da mettere in campo.
Certamente, può sconcertare l’apparente durezza di questo biblico padrone, che miete dove non ha seminato ma, in realtà, egli è duro solo con chi ha questa brutta idea di lui.
Il servo malvagio teme la sua severità e nasconde la moneta per paura.
Quanto purtroppo è vero questo rischio, quante persone hanno un’idea severa di Dio e si accontentano di salvare il salvabile, di comprimere la fede in un generico senso del dovere.
Quanti vedono la fede come una doverosa ma noiosa imposizione da rispettare (perché non si sa mai) e tengono nascosta in un fazzoletto la loro mina…
Fratelli e Sorelle, questa parabola ci mette di fronte a una figura assai misteriosa, che prepara il nostro cuore, di discepoli, a riconoscere nel Maestro, che presto salirà sulla croce, IL VOLTO DI UN DIO CHE INVECE DI PRENDERE SI OFFRE FINO IN FONDO.
Il Signore Gesù sta salendo verso Gerusalemme per ricevere un titolo regale che sarà appeso sulla croce e lo vedrà morire nella più cruda umiliazione.
Anche noi siamo chiamati a salire con lui, a salire come lui nonostante una simile ascensione, che passa attraverso la sofferenza del fallimento e del rifiuto, ci ripugni profondamente.
E questa parabola ci interroga sull’immagine di Dio che portiamo e coltiviamo nel nostro cuore.
Forse anche noi rischiamo di continuare a pensare a un Dio «severo» e in certo modo ingiusto, nonostante il fatto che ogni giorno egli ci consegni il dono della vita come una moneta completamente affidata alle nostre mani, alle nostre cure, alla nostra responsabilità e alla nostra creatività.
Ragioniamoci sopra…
Pax et Bonum tibi, frater in Christo!
Chiedo al Signore IDDIO ti Benedica…
Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…
…e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!