2′ DOMENICA di AVVENTO – Anno “C” – 05.12.2021 – Luca 3,1-6 “…una voce grida nel deserto”

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Luca 3,1-6

Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisania, tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Nella dinamica del cammino spirituale che siamo chiamati a fare, soprattutto in questo tempo di GRAZIA privilegiato, che è l’AVVENTO, noi cristiani, abbiamo due punti importanti di riferimento in questi giorni: la Madonna Santissima e San Giovanni Battista, che ci introducono nel mistero del Natale.

Oggi emerge con grande autorevolezza la figura del precursore, la voce potente che grida nel deserto, perché l’umanità intera si converta e creda fermamente nella venuta e nella missione del Redentore.

Siamo storicamente nel 15° anno dell’impero di Tiberio, che successe ad Augusto il 19 agosto del 14 d.C.

È l’anno 27-28. In Palestina dopo la morte di Erode il grande -avvenuta quattro anni prima dell’anno che indichiamo come inizio dell’era volgare- il suo regno è stato diviso in quattro parti tra i suoi discendenti:

  1. Erode Antipa,
  2. Filippo,
  3. Lisania
  4. e Archelao,

…per questo si chiamavano “tetrarchi“.

Ma dopo una decina d’anni Archelao fu deposto dai Romani per crudeltà, e nel 26 fu sostituito dal procuratore Ponzio Pilato, che divenne così, per un decennio, governatore romano della GIUDEA. Giuseppe Flavio, la fonte principale, ne parla nelle opere “Guerra giudaica” (scritta negli anni 70) e soprattutto nelle “Antichità giudaiche” (scritta negli anni 90).

Poi Luca ricorda l’autorità religiosa: Caifa, (sacerdote ebreo antico, sommo sacerdote e capo del sinedrio dall’anno 18 al 36, appartenente alla corrente dei Sadducei. Ricoprì tale carica ai tempi di Gesù che, secondo il Vangelo di Luca e il Vangelo di Giovanni, fece arrestare e del quale chiese la crocifissione) e Anna, suo suocero (Anna, o Anania, in ebraico “Anano ben Seth”, in greco Ἅννας. È stato un sacerdote ebreo antico, sommo sacerdote dell’ebraismo dal 6 al 15 d.C. Deposto da Valerio Grato, rimase comunque influente all’interno del sinedrio per molti altri anni e mantenne il titolo di sommo sacerdote.) che era comunque rimasto una figura autorevole.

Il tutto avviene nella cornice del deserto, che circonda la depressione profonda del Mar Morto dove sfocia il fiume Giordano, dove Giovanni “il Battezzatore”, chiamato alla missione di annunciare la buona notizia del regno “la Parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto“, ovvero l’arrivo del Messia.

Ma ci chiediamo: perché tutti questi dettagli? Certamente il Vangelo non vuole regalarci una lezione di storia. Ma ci vuol dire quanto è grande e quante persone coinvolge il PROGETTO DI SALVEZZA DI DIO, PER NOI. Perché la salvezza passa attraverso uomini e donne inseriti nella storia.

Ed essere attivi all’interno di questo progetto salvifico, vuol dire consentire all’azione di Dio di esprimersi in attraverso di noi. Perché finalmente abbiamo capito e ci sentiamo partecipi.

È significativo che Luca presenti le autorità dell’impero di Roma, le autorità locali e quelle religiose, PER INDICARE IL MOMENTO IN CUI L’EVENTO SALVIFICO ACCADE.

Ma guardiamo anche il dinamismo in cui si muove quella comune parola che si fa PAROLA, per indicarci l’ambito dove risuona IL VERBO DI DIO, il cui sguardo si sposta da Roma a Gerusalemme, e da qui al deserto.

Non una inutile parola detta da Tiberio che risiedeva a Roma, né da Erode Antipa, né da Filippo, né da Lisania, né da quella seppur autoritaria di Pilato.

Ma è “LA PAROLA” rivolta a Giovanni nel deserto, a un uomo che non aveva nessun potere UMANO, come Gesù non avrà nessun potere pubblico riconosciuto dalla legge.

Solo in quei luoghi è TORNATA A RISUONARE, INCARNANDOSI, LA PAROLA DI DIO, CHE HA IN SÉ QUELL’ENERGIA CREATRICE CHE HA FATTO LA STORIA DELLA SALVEZZA.

E questa seconda domenica di Avvento, FA INCARNARE QUESTA PAROLA, come abbiamo già accennato, in Giovanni il Battista. In lui la storia vive il suo culmine: il momento più atteso e più desiderato, il momento dell’annuncio del regno di Dio che comincia: il Messia sta per arrivare.

Per questo Giovanni il Battista si situa nella tradizione dei grandi profeti dell’Antico Testamento, e Giovanni, figlio di Zaccaria, diventa così profeta e precursore del Messia.

Con lui si chiuderà il tempo del “PROFETISMO MESSIANICO”.

Malgrado le paure e il terrore che ispira nell’immaginario collettivo, il deserto è, nella memoria religiosa del popolo di Israele, il luogo di riunione, dove Dio ha parlato al cuore del suo popolo, il luogo dove Dio è stato più che mai il pastore del suo gregge.

E, in questo deserto, Giovanni denuncia e ricorda l’identità religiosa più particolare del suo popolo: IL DIO D’ISRAELE È FEDELE AL SUO LEGAME E MANTIENE LE SUE PROMESSE DI SALVEZZA. E convoca di nuovo i suoi nel deserto, per annunciare loro l’arrivo del Messia.

Ma Dio si aspetta sempre dall’uomo un minimo di collaborazione ed esigerà da lui un battesimo di conversione, la purificazione dei suoi peccati, e lo sforzo di superare gli ostacoli che gli impediscono di vedere l’alba della salvezza.

TUTTO È SIMBOLICA E TUTTO SI METTE A BRILLARE IN QUESTO TESTO. I sette personaggi, scelti tra pagani e giudei, che introducono il brano, CI DICONO CHE LA STORIA NON SARÀ PIÙ SACRA O PROFANA, MA SARÀ “STORIA SANTA”.

Che la storia giungerà a completezza (e il numero sette ce lo ricorda), per tutti coloro che accoglieranno con “…cuore contrito e umiliato” la Parola di Dio, ovvero Colui che “…fattosi carne è venuto ad abitare in mezzo a noi“!

E Giovanni viene avvolto da questa Parola nel deserto.

Come” avvenne non lo sappiamo, sappiamo solo il “dove” avvenne: NEL DESERTO, da sempre luogo dell’intimità e della prova, luogo che ci indica il cammino, l’esodo, l’uscire da sé stessi PER ENTRARE NELLA VIA DI DIO!

E Giovanni sceglie di “abitare” questa condizione di deserto per poter diventare ed essere “voce“!

Da tutto quanto sin qui detto, dobbiamo far tesoro che quando ci rendiamo conto che c’è una missione da svolgere, la storia deve avviare un cammino nuovo, che non ci porta ad “…acquisire potere sugli altri o a procurarci riconoscimenti“.

Ma ci porta ad entrare NEL DESERTO, CHE RESTA IL LUOGO PRIVILEGIATO DOVE LA PAROLA RISUONA. PERCHÉ’ DOVE FANNO SILENZIO TUTTE LE VOCI, POSSIAMO ASCOLTARE DIO CHE PARLA.

Fare deserto, allora, significa liberarsi dalle illusioni di una società morente, e smetterla di inseguire ricchezza, potere e quel piacere inutile e fallace, che la società, simile a una mortale sirena omerica, rinnova.

E che ci porta a dimenticare che DIO SI INCARNA CONTINUAMENTE DENTRO LA STORIA, ATTRAVERSO CHI GLI È FEDELE.

Un altro particolare, voglio sottolineare.

Il brano evangelico di oggi, abbiamo visto, inserisce Giovanni in un quadro storico costellato di nomi e personaggi:

  • l’imperatore romano,
  • il governatore della Giudea,
  • quattro tetrarchi di differenti regioni,
  • due sommi sacerdoti
  • e, infine, Giovanni. Come possiamo vedere Giovanni è l’unico a non avere un titolo specifico, ma viene indicato con il solo nome, come “figlio di Zaccaria“.

Luca sembra ironizzare sul fatto che i sette personaggi titolati hanno un ruolo di potere nella storia, ma non hanno alcuna capacità di leggerne il senso, di annunciare una svolta, di intravedere come quel tempo sia occasione di grazia.

GIOVANNI, INVECE, INVESTITO DELLA “PAROLA DI DIO” SI METTE IN MOVIMENTO DA E VERSO IL DESERTO.

L’irruzione della parola di Dio ricorda l’investitura carismatico-occasionale dei giudici, i quali erano chiamati a salvare Israele dall’oppressione e ricondurlo a Dio, dopo l’idolatria e il peccato.

Tale aspetto non è assente nel ruolo del Battista, il quale annuncia un ritorno al Signore attraverso il battesimo di conversione. Egli è, dunque, come un giudice che precede il popolo nel cammino verso il suo Dio e, in modo particolare, prepara la strada definitiva al Messia.

Neppure Giovanni sa bene come sarà il Cristo, in che modo porterà a compimento la salvezza definitiva. Come i giudici, NEPPURE GIOVANNI È PADRONE DELLA PAROLA DI DIO, MA NE È SERVITORE, ASCOLTATORE E DESTINATARIO.

Al capitolo 7 di Luca è indicativa la domanda di Giovanni a Gesù “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?“. È evidente che anche il Battista deve imparare la grande novità evangelica che modifica radicalmente l’idea di un Messia principe, autoritario, politico, militare, sacerdotale in senso classico.

Inoltre, Giovanni è certamente assimilabile ad un profeta che annuncia la parola di Dio, pur non comprendendola in modo pieno.

L’oracolo di Isaia prevede un Messia travolgente e riconoscibile per la sua potenza.

Gesù risponderà a Giovanni che il segno messianico è “i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il vangelo“.

La parola di Isaia viene adempiuta in un modo propriamente divino: L’AMORE.

Il segno per riconoscere il Cristo e la sua opera salvifica è l’attenzione agli ultimi, la compassione per i malati, l’annuncio ai poveri, lo sguardo verso i dimenticati.

Preparare la via del Signore” allora potrebbe essere proprio questo cammino di educazione all’altro, inteso come dono di Dio per vivere in pienezza il vangelo di Gesù.

Il versetto 6, “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio“, sembra più un augurio utopico rispetto a ciò che viviamo ogni giorno.

San Giovanni Paolo II:

  • “È lungo i sentieri dell’esistenza quotidiana che potete incontrare il Signore (…) Questa è la fondamentale dimensione dell’incontro: non si ha a che fare con qualcosa, ma con Qualcuno, con «il Vivente»”.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!