19.08.2022 – VENERDI’ XX’ SETTIMANA P.A. C – MATTEO 22,34-40 “Amerai il Signore tuo Dio, e il tuo prossimo come te stesso”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…

Vedere approfondimenti sul nostro sito WWW.INSAECULASAECULORUM.ORG

Dal Vangelo secondo MATTEO 22,34-40

In quel tempo, I FARISEI, AVENDO UDITO CHE GESÙ AVEVA CHIUSO LA BOCCA AI SADDUCÈI, SI RIUNIRONO INSIEME e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Ci si può avvicinare alla Fede col cuore trepidante, ma anche con astuzia e malevolenza.

E, spesso, gli evangelisti raccontano di persone che, in assoluta buona fede, tendono tranelli a Gesù, cercando di metterlo in difficoltà.

E questo perché Gesù scontenta molti:

  • -i farisei che si sentono giudicati e presi in giro per il loro eccessivo zelo e il loro senso di superiorità;
  • -i sadducei, conservatori aristocratici, che temono disordini che possano dispiacere ai romani;
  • -i sacerdoti, rinati grazie alla ricostruzione del tempio, che vedono con fastidio chiunque attenti alla loro autorità;
  • -gli scribi, riconosciuti come interpreti autentici della Torah, che mal sopportano questo profeta che non ha studiato…

Gesù si dedica agli ultimi e li colma di gioia. Ama gli ultimi, i perdenti, i peccatori, le folle, perché, per la prima volta, si sentono accolti, capiscono la Parola, intravvedono nel suo Santo Volto, il sorriso di Dio.

E vediamo che si fa a gara per mettere in difficoltà il Nazareno. Nel testo del vangelo si dice “che FARISEI E SADDUCEI, PUR ESSENDO NEMICI TRA LORO, SI MISERO INSIEME”.

La società ebraica al tempo di Gesù era frammentata in gruppi sociali con idee e abitudini molto diverse in campo religioso, politico, economico, relazionale, spesso in avversione gli uni gli altri.

Matteo ci racconta che, lasciate da parte le rivalità, farisei e sadducei si coalizzano, e inviano un dottore della Legge, ad interrogare Gesù su una questione spinosa che teneva accesi i dibattiti di allora.

Le scuole rabbiniche del tempo discutevano sulla priorità dei comandamenti, ogni scuola poteva anche proporre nuove interpretazioni, ma sempre sostenute dall’autorità di un maestro anteriore e autorevole.

I precetti erano stati codificati in 613 (numero corrispondente alla parola «Toràh»), di cui 248 positivi (quante sono le parti del corpo) e 365 negativi (quanti i giorni dell’anno).

Per i farisei il popolo aveva difficoltà a districarsi nella complessità delle prescrizioni mettendo a rischio la salvezza (Mt 24,3).

Molte scuole rabbiniche, però, affermavano che il riposo del sabato equivaleva all’adempimento di tutta la Legge, mentre la disobbedienza del sabato era trasgressione di tutti i comandamenti e punita con la morte (Es 31,14).

Ebbene, la domanda che il Dottore della Legge pone, è una di quelle classiche, che servivano a sondare la preparazione dell’interrogato: degli oltre seicento precetti qual è il principale?

Domanda equivoca: perché per un fariseo erano tutti ugualmente importanti e chi non li rispettava era dannato.

Diversa la posizione dei rabbini più illuminati, contemporanei di Gesù, che rispondevano, a grandi linee, quanto risposto dal Maestro. Due sono i comandi: amare Dio e amare il prossimo.

I sadducei seguivano un impossibile metodo letterale per interpretare le Scritture.

I farisei dunque mettono alla prova Gesù sulla chiave di lettura di esse.

La risposta di Gesù è condivisibile dai farisei ma anche a loro Gesù ha un seme di rinnovamento da donare:

  • loro parlano di Legge,
  • Cristo invece di Legge e di profeti.

Ad essi sarebbe bastato il primo comandamento, Gesù ne aggiunge un secondo, sull’amore del prossimo.

Perché solo l’Amore di Dio e del prossimo, danno spazio alla profezia.

Gesù risponde attingendo la risposta nella preghiera aurea del giudaismo, indicata nel Libro del Deuteronomio, al cap. 6,5):

  • «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente».
  • “Amerai il prossimo tuo come te stesso (Attesta il Libro del Levitico al capitolo 19,18).

Dunque l’amore per Dio e l’amore per gli uomini sono ordinati il primo al secondo, e il secondo conferma, o smentisce il primo.

Fratelli e Sorelle, ricordate la storia della MONACA DI MONZA (siamo nel testo dei PROMESSI SPOSI), scomparsa dalla circolazione perché morta e sepolta vicino a casa: nel testo si suggeriva che invece di cercare lontano sarebbe stato conveniente scavare vicino.

Prendendo a prestito questa immagine letteraria, è un po’ come se Gesù avesse voluto dire al dottore della legge «Non scervellarti per cercare una risposta che sai benissimo, perché la reciti tre volte al giorno nella preghiera».

Con questa risposta Gesù comunica che l’amore di Dio e del prossimo sono in stretta relazione tra loro perché, se è vero che ogni essere umano e stato creato a immagine del Creatore non è possibile pretendere di amare Dio e, contemporaneamente, disprezzare la sua immagine sulla terra.

Così rispondendo Gesù invita il suo interlocutore a modificare il suo mondo interiore di pensare: non c’è amore di Dio, se non c’è amore del fratello (1 Gv 4,20):

  • “Se uno dicesse: Io amo Dio, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede”.

Aggiungendo questo commento Gesù fa capire che se non c’è amore del prossimo la legge crolla, non solo per i farisei ma anche per quei gruppi in cui regnano numerose virtù per scarseggia l’amore del prossimo per troppa autostima, perché c’è la convinzione che son i migliori, i più fedeli.

Inoltre Gesù tenta di far capire al dottore della legge, ma anche a noi, che l’amore è un comandamento e non il luogo privilegiato della spontaneità, dell’attrazione, che non esige un contraccambio ed è donato a chiunque, fino al nemico.

Se vogliamo essere suoi seguaci dobbiamo chiedere, insistentemente nella preghiera, che Dio ci doni il dono del suo amore, dell’amore sincero a cominciare da sé stessi, perché se non amiamo noi stessi è difficile che amiamo il nostro prossimo, che amiamo Dio.

È la vetta del Vangelo, il più grande comandamento.

Tutto, nelle parole e nei gesti di Gesù, trova sintesi e significato in questo comando.

All’amore si risponde con l’amore. E, quello per l’altro, è la via maestra per rendere a Dio il bene che riceviamo ogni giorno, anche attraverso il prossimo.

Dio è molto più vicino all’uomo di quanto l’uomo non tenti di tenerlo distante, di proiettarlo nella sfera celeste dell’irraggiungibile.

Il Dio della Scrittura È UN DIO VIVO, che parla, minaccia, entra nella storia dell’uomo, ascolta il grido del povero e si mette a gridare anche lui.

Il Dio che la Scrittura ci fa conoscere e che ci chiede di amare con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente è Dio di “Abramo, Isacco e Giacobbe”.

È IL DIO CHE SI FA UOMO E PER L’UOMO, CHE DIVENTA UOMO IN CRISTO GESÙ.

E, il Figlio di Dio fatto uomo, semplifica tutta la tradizione scritta e orale in una sola fondamentale parola «amore».

In questi due comandamenti tutta la Legge è appesa e i Profeti.

Senza la relazione d’amore tutto crolla rovinosamente, ogni interpretazione della scrittura perde il suo senso e con essa tutte le norme, prescrizioni, forme di culto, la stessa idea di religione.

Indirettamente Gesù (che ha vissuto fino in fondo l’amore umano e quello divino, nella sua Incarnazione) muove una accusa forte ai farisei che all’amore e alla verità preferiscono la fedeltà alle forme.

Per un imperscrutabile disegno di Dio, Egli, il Verbo di Dio, ha preso forma mortale, si è fatto uno di noi, ha vissuto come uno di noi, ha conosciuto le nostre stesse fatiche, ha patito lo stesso dolore, le stesse delusioni; ha conosciuto il tradimento, i voltafaccia dei sedicenti amici; ha sperimentato la perversità del calcolo politico, l’ambiguità delle alleanze, la violenza fisica e psicologica del carcere, le torture, il patibolo.

Ecco allora che amare Dio significa amare anche coloro che si trovano nelle stesse condizioni di Gesù.

Ma anche vivere quelle condizioni significa vivere la vita di Cristo.

In palio c’è la santità.

E la santità si costruisce qui, in terra, giorno per giorno…

Ha detto CHIARA LUBICH (1920-2008, insegnante e mistica italiana, fondatrice del Movimento dei Focolari):

  • “Dunque l’amore è tutto, ma per poterlo vivere bene occorre conoscere le sue qualità. Per prima cosa Gesù, che è morto per tutti, amando tutti, ci insegna che il vero amore va indirizzato a tutti. Non come l’amore che viviamo noi, che ha un raggio ristretto: la famiglia, gli amici, i vicini… L’amore vero, ancora, ama per primo, non aspetta di essere amato, come in genere è dell’amore umano: si ama chi ci ama. No, l’amore vero prende l’iniziativa, come ha fatto il Padre quando, essendo noi ancora peccatori, quindi non amanti, ha mandato il Figlio per salvarci. E ancora: l’amore vero vede Gesù in ogni prossimo: L’hai fatto a me’ ci dirà Gesù al giudizio finale. Gesù vuole anche che l’amore, che egli ha portato sulla terra, diventi reciproco: che l’uno ami l’altro e viceversa, sì da arrivare all’unità”.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!