18 novembre 2024 lunedì 33’ settimana p.a. B – LUCA 18,35-43 “Che cosa vuoi che io faccia per te? Signore, che io veda di nuovo!”

 “«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre» (Geremia 6,16).

Voglia il Cielo che ascoltiamo la voce del Signore che ci dice «…questa è la strada, percorretela» (Is 30,21).

Io ti prego, o mio DIO: effondi il tuo SANTO SPIRITO, su questo indegno tuo servo, affinché la tua Misericordia mi preceda e mi suggerisca, interiormente, al momento giusto, perchè io possa leggere la Tua PAROLA, e possa trasmetterla, contemplando ciò che ha rivelato il VERBO TUO.

E beati siano coloro che HANNO OCCHI DI FEDE per riconoscere il Mistero Pasquale, presente nell’umile quotidiano, e mani operose PER FARE DELLA PROPRIA VITA UN GIARDINO IN CUI DIO PUÒ TORNARE A PASSEGGIARE.”

 

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Dal Vangelo secondo LUCA 18,35-43

 

+ Mentre Gesù si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto lungo la strada a mendicare. Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli annunciarono: «Passa Gesù, il Nazareno!». Allora gridò dicendo: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!». Quelli che camminavano avanti lo rimproveravano perché tacesse; ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù allora si fermò e ordinò che lo conducessero da lui. Quando fu vicino, gli domandò: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Egli rispose: «Signore, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato». Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo glorificando Dio. E tutto il popolo, vedendo, diede lode a Dio. Parola del Signore

 

Mediti…AMO                 Marco 4,34 “4Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Il Vangelo è pieno di parabole.

Esse sembrano essere il metodo preferito di insegnamento di Gesù, ma il Signore ha anche un altro modo con il quale si rivolge al popolo: attraverso le domande.

Facciamo bene attenzione: la domanda è una cosa particolare. In colui che la pone crea uno spazio, un vuoto, un bisogno.

E questo spazio lo crea non solo in colui che chiede, ma anche in colui che risponde, perché chiamato a dare di ciò che ha, svelando una parte di se stesso.

Tutti noi abbiamo delle domande, “Qual è la volontà di Dio per me?” “cosa faccio del mio lavoro?” “Mi sposo con lei?” “Me lo compro?” “qual è il senso della mia vita?” Oppure: perché devo soffrire?

Ma veniamo al testo.

Siamo ancora nella nostra Gerico, città da me amatissima.

Essa è la città che fa da ingresso alla terra promessa, quella stessa terra dove arrivarono gli israeliti, reduci dalla schiavitù d’Egitto.

È proprio in questa città che Gesù compie un miracolo interessante, che l’evangelista Luca vuole sottolineare, teologicamente, nel suo racconto.

“Mentre si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto a mendicare lungo la strada”.

La cecità e la mendicità sono due caratteristiche tipiche di chi non vede più ciò che conta nella vita e proprio per questo non riesce più a vivere, ma, al massimo, sopravvive.

Però è importante vedere che quest’uomo conserva nella sua fragilità tutti gli ingredienti necessari affinchè la sua vita spirituale possa far rifiorire in lui un miracolo.

Innanzitutto è un uomo capace di ascoltoSentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse. Gli risposero: «Passa Gesù il Nazareno!»”.

Io credo, Fratelli e Sorelle, che sia estremamente decisivo saper ascoltare, soprattutto quando si è in fondo a quel baratro di buio, che non ci fa vedere più dove stiamo andando nella nostra vita.

Grazie a Dio, l’ascolto, allora, suscita in noi l’unica cosa interessante che possiamo davvero fare: cioè pregare con sincerità e forzaAllora incominciò a gridare: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!».

Ma chi è questo cieco, accovacciato nell’oscurità della propria vita, ai margini di una folla apparentemente lucida e dal cammino ben rischiarato, ma che impedisce il grido di cuore del non vedente troppo intempestivo?

Questo cieco grida al Signore con insistenza, lungi dal lasciarsi scoraggiare quando gli altri lo rimproverano affinché taccia, ma egli grida ancora più forte.

E, appena viene esaudito, la sua preghiera d’intercessione diventa preghiera di lode che coinvolge tutto il popolo.

Sono evidenti due caratteristiche indispensabili alla preghiera d’intercessione:

  • la consapevolezza d’avere un assoluto bisogno del Signore. Infatti il cieco invoca pietà;
  • una grande fiducia nell’onnipotenza di Dio e nella sua ferma, amorosa volontà di venirci in soccorso. Il cieco non demorde nel suo intento perché si fida di Gesù.

Così la preghiera non permette che la persona cada nello scoraggiamento e la sospinge poi, come fa per il cieco, sulle vie della lode che coinvolge molti altri sulla strada di Gesù.

Riguardo a questo incontro del cieco con Gesù, molti commentatori, a ragione, si soffermano sul senso emblematico della cecità COME MANCANZA DI FEDE.

Perché, è verissimo, SOLO COL DONO DELLA FEDE GLI OCCHI INTERIORI SI APRONO A INTENDERE LA REALTÀ DI DIO E LA REALTÀ DELL’UOMO CHE PER LUI, PER LA SUA GIOIA È CREATO.

Però c’è un altro significato da cogliere: quello di una preghiera autentica che qui prima è d’intercessione e poi di lode.

Ciò che si evidenzia nel brano è il fatto che non solo il cieco grida al Signore Gesù il suo bisogno di vedere, ma persevera in questo grido e lo ripete nonostante la gente attorno lo sgridi e minacci.

C’è dunque una grossa fiducia in questo poveretto che è cosciente di due cose:

  • del suo brutto male di cecità
  • e dell’onnipotenza di Gesù, “figlio di Davide” che significa il Messia, il Figlio di Dio promesso dai profeti.

Ma la sua preghiera, appena riacquistata la vista, diventa la gratuità, lo stupore, la gioia della lode.

Questo cieco sono io, quando ho la coraggiosa ingenuità di interpellare Cristo, lui che giustamente non passa così vicino a me che per farsi fermare, e che non è importunato da nessun grido che viene dal cuore, soprattutto quello della non vedenza.

Io, ancora, quando riconosco che la semplice preghiera, fiduciosa e non affettata, è quella medicina del cuore che mi restituisce la vista.

Io, infine, quando la mia lode si aggiunge a quella degli umili vedenti.

Su un’altra cosa vorrei attirare la vostra attenzione.

La preghiera di quest’uomo non è complicata, anzi, è infinitamente semplice, Ma possiede, a mio avviso, la più splendida delle caratteristiche, che molto spesso trascuriamo: è insistente, continua, ostinata, piena di FEDE vera.

La regola numero uno della preghiera è non smettere di pregare, anche se tutto intorno cerca in tutti i modi di impedirlo.

È infatti questa costanza che dispone il cuore di quest’uomo AD ENTRARE IN UNA RELAZIONE PERSONALE CON GESÙGesù allora si fermò e ordinò che glielo conducessero. Quando gli fu vicino, gli domandò: «Che vuoi che io faccia per te?».

Ed egli rispose «Signore, che io riabbia la vista».

E Gesù gli disse «Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato»”.

Così questa preghiera semplice e costante gli dona ciò che a lui manca: una visione nuova della vita.

Ragioniamoci sopra

Pax et Bonum tibi, frater in Christo!

Chiedo al Signore IDDIO ti Benedica…

Prega il Signore per me, Fratello che Leggi…

e ti prego di copiare e condividere, se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!

Sia Lodato Gesù, il Cristo!