«Fermatevi nelle strade e guardate, informatevi circa i sentieri antichi, dove sta la strada buona e prendetela, così troverete pace per le anime vostre». Geremia 6,16
Pietro Saltarelli… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. “In illo tempore: dixit Iesus…”
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Dal Vangelo secondo MATTEO 11,20-24
+ In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi, perché non si erano convertite «Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida! Perché, se a Tiro e a Sidòne fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a voi, già da tempo esse, vestite di sacco e cosparse di cenere, si sarebbero convertite. Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, Tiro e Sidòne saranno trattate meno duramente di voi. E tu, Cafàrnao, sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai! Perché, se a Sòdoma fossero avvenuti i prodigi che ci sono stati in mezzo a te, oggi essa esisterebbe ancora! Ebbene, io vi dico: nel giorno del giudizio, la terra di Sòdoma sarà trattata meno duramente di te!». Parola del Signore
Mediti…AMO
Gesù perde la pazienza perché non ne può più del fatto che chi lo ha incontrato non si “converta” ma allo stesso tempo giudichi gli altri in modo negativo perché non si comportano come loro pensano sia la cosa giusta.
Uno schiaffo sonoro contro coloro che giudicano gli altri, ma non se stessi.
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“Allora si mise a rimproverare le città nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi”.
Subito dopo, attraverso una serie di episodi, l’evangelista sottolineata l’incomprensione e l’ostilità che il Signore stesso incontra (Mt 11,2 e 12,45).
In questo passo il Signore nomina alcune città molto significative accorpandole in due gruppi distinti:
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Corazìn, Bethsaida e Cafàrnao (o Capernaum) da un lato,
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Tiro, Sidone e Sodoma dall’altro.
Quindi tre (numero che potremmo definire “del compimento”) più tre, PER UN TOTALE DI SEI, NUMERO DELL’IMPERFEZIONE.
Riguardo alle città del primo gruppo Matteo specifica “nelle quali era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi”:
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a Capernaum fissò la sua temporanea residenza quando, all’età di circa trent’anni, giunse dopo aver lasciato Nazareth, ricevuto il battesimo da Giovanni e percorso la Samaria. Là sappiamo che fece non solo molti miracoli di guarigione, ma soprattutto predicò la “buona novella” che può essere sintetizzata, per allora, con le parole del Battista “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Matteo 3.2).
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a Bethsaida, “Casa della pesca”, che sappiamo essere quella dove operavano i primi quattro discepoli, cioè Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni, appunto pescatori, oltre a Filippo che lì era nato. Anche a Bethsaida, a quanto ne sappiamo e per come scrive Matteo, “era avvenuta la maggior parte dei suoi prodigi” eppure pochi lo seguirono. È allora da un lato commovente la folla che si raduna per ascoltarlo, che beneficia dei suoi insegnamenti nella Sinagoga e gli riconosce un’autorità ben diversa da quella degli Scribi e Farisei, ma dall’altro triste constatare che di tutto quanto Gesù fa per loro finisce per essere dimenticato nel momento in cui si chiama in causa la conversione e il ravvedimento. Le sue non erano parole generiche, bei discorsi di un predicatore preparato, ma tutto era sostenuto da miracoli indiscutibili a provare che chi chiamava ad una rivisitazione della propria vita era Dio stesso o, per come poteva essere visto allora, un grande profeta da Lui inviato.
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a Corazìn, nome che invano cercheremmo nella Bibbia e che compare solo qui e in Luca. Questa città distava tre chilometri circa da Capernaum, ma non ci è stato trasmesso nessun miracolo in lei espressamente avvenuto, a conferma del fatto che i Vangeli riportano una minima parte di quanto fatto e detto da Gesù che comunque passò da lei più volte. Corazìn, attualmente chiamata Keraze o Kerazie, è oggi solo sito archeologico, ma a quei tempi i suoi abitanti erano sia costantemente informati di quanto avveniva nella città vicina, Capernaum, sia erano stati testimoni della “maggior parte dei prodigi” operati da Nostro Signore. Ricordiamo Matteo, che ci illumina scrivendo “Gesù percorreva tutta la Galilea insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì” (4.23,24).
Ecco allora che, se Capernaum e Bethsaida indicano inequivocabilmente luoghi in cui Gesù aveva operato, Corazìn è l’immagine di ciò che è avvenuto realmente anche se ufficialmente non se ne sa nulla.
Quindi, citando queste tre città, Gesù intende dire che Egli sa ciò che non sappiamo e che il SUO giudizio è perfetto, messaggio diretto soprattutto a noi che, appunto, di Corazìn non ignoriamo tutto.
Se Gesù non l’avesse nominata, non sapremmo della sua esistenza a meno di non essere archeologi, storici o “addetti ai lavori”.
Capernaum, Betsaida e Corazìn allora rappresentano IL TUTTO. Non solo un’area geografica precisa, definita, come intese chi ascoltò il Signore a quel tempo.
Queste tre città sono un riferimento e le parole di Gesù sono un atto d’accusa verso tutti quei centri abitati che, nonostante il Vangelo sia annunciato in un modo o in un altro – ma comunque annunciato – lo respingono.
Gesù chiede fede alle città e villaggi dove ha compiuto un maggior numero di miracoli e di guarigioni meravigliose.
E la durezza di cuore degli abitanti li rende responsabili dinanzi alla parola di Dio risuonata ai loro orecchi non per la voce di un profeta ma del Profeta, il Signore Gesù.
Dinanzi a tante opere portentose anche le città pagane di Tiro e Sidòne si sarebbero convertite e invece Cafàrnao è come altre località, rimangono nella loro incredulità.
Purtroppo gli inviti alla conversione di questo sconosciuto falegname di Nazareth non avevano scosso le coscienze.
E Gesù, turbato, scuote e profetizza, ricorcando loro che le pagane città di Tiro e Sidone si sarebbero certamente convertite alla predicazione del profeta Galileo.
Dinanzi ad una chiusura così ostinata, Gesù non restò in silenzio.
Anche rispettando l’altrui libertà non poteva dimenticare il dovere di ammonire coloro che sbagliavano.
E io credo che sia LA TERZA OPERA DI MISERICORDIA SPIRITUALE (AMMONIRE I PECCATORI), anche se ormai viene quasi mai ricordata, anche se la sua necessità è più che mai presente.
Non la si deve considerare come un “giudicare gli altri”, ma da fratelli a cui porgere la mano, per aiutare, per prevenire l’incauto, per soccorrere il distratto, per impedire al fratello di mettersi su di una strada sbagliata.
Le sette opere di misericordia spirituale sono legate a sette verbi distinti, ognuno dei quali identifica una azione specifica da compiere verso i diversi stati di salute spirituale di una persona.
Un verbo poco usato oggi nel linguaggio comune è ammonire.
E ammonire non è sinonimo di giudicare, condannare o scartare.
AMMONIRE È QUELLA DOLCE AZIONE DI RICHIAMO DI CHI CERCA IL BENE DEL SUO INTERLOCUTORE.
Ammonire i peccatori diventa quindi quel gesto di amore disinteressato e caritativo che guarda al cuore della persona.
Ma ricordiamo, Fratelli e Sorelle, che L’OPERA DI MISERICORDIA DELL’AMMONIRE INIZIA CON IL CORREGGERE SE STESSI.
Se consideriamo che ogni opera di misericordia spirituale va prima applicata a se stessi, è importante analizzare la propria condotta, le proprie intenzioni del cuore, i propri pensieri più profondi e valutarli alla luce della Parola di Dio.
La preghiera personale è quello spazio privilegiato dove scrutare il proprio cuore e lasciarsi ammonire dalla voce dello Spirito, il quale ha la caratteristica di segnalare quello che è da migliorare, ma nello stesso tempo offre il perdono di Dio.
L’OPERA DELLO SPIRITO SANTO È IL MODELLO DA SEGUIRE NELL’AMMONIRE I PECCATORI.
Colui che ha fatto l’esperienza di essere stato ammonito e perdonato dallo Spirito Santo, è stato ricolmato di quella dolcezza e tenerezza che gli permetterà di rivolgersi al fratello peccatore con una delicatezza e bontà tipica di colui che desidera correggere E NON DENIGRARE LE AZIONI ALTRUI.
Tutte le opere di misericordia sono il frutto dell’accoglienza DELLA GRAZIA RICEVUTA.
Ammonire è un’azione che richiede discernimento.
I due poli opposti di ammonire sono ignorare ed esasperare.
IGNORARE è l’atteggiamento di colui che non vuole rischiare di correggere l’altro, per paura di inclinare il rapporto di amicizia o di fratellanza, per timore di essere allontanati dalla relazione con quella persona o per il terrore di sentirsi dire qualcosa di sgradevole riferito a sé stesso.
La società attuale vive nella chiusura delle relazioni, cammina in un’ipocrisia perbenista che la priva del coraggio di affrontare alcune questioni scomode.
La correzione fraterna è un grande atto di carità che possiamo compiere.
Rinunziare alla correzione significa lasciare la persona nella sua condizione di sofferenza.
L’ESASPERAZIONE di colui che corregge continuamente il fratello o la sorella è un atteggiamento da evitare, perché produce l’effetto di scoraggiare il peccatore, aggravando il suo senso di malessere e di angoscia.
ESASPERARE SI TRADUCE NEL RIPETERE CONTINUAMENTE LO STESSO AMMONIMENTO.
La carità della correzione è quella di usare la regola evangelica di parlare la prima volta da soli al peccatore.
Se non si viene ascoltati, si attende del tempo per aspettare la sua reazione.
Se nulla cambia nella sua condotta, allora è lecito passare a coinvolgere uno o due persone che lo conoscono.
Solo se continua il rifiuto di accogliere la correzione, allora va coinvolta nell’ammonimento tutta la comunità, tutta la famiglia, tutto il gruppo di amici, tutti colleghi di lavoro a seconda dell’ambito dove uno vive e dove ha commesso il peccato.
Ragioniamoci sopra…
Il Signore IDDIO ti Benedica
E tu Prega il Signore per me… Fratello che Leggi…
…e ti prego di condividere se ciò che hai letto è stato di tuo gradimento!
Sia Lodato Gesù, il Cristo!