… il VECCHIO FARISEO COMMENTA…. In illo tempore: dixit Iesus…
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Dal Vangelo secondo GIOVANNI 10,27-30
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola». Parola del Signore
Mediti…AMO
L’affermazione «io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30) – pronunciata da Gesù a Gerusalemme, con i «Giudei», sotto il Portico di Salomone, durante la festa della Dedicazione – è centrale per la comprensione dell’identità di Gesù Cristo, quale Figlio unigenito di Dio, e della sua missione come descritta nel quarto vangelo.
Tutto il decimo capitolo del vangelo giovanneo è incentrato sulla discussione fra Gesù e i capi dei giudei, discussione riguardante l’identità messianica di Gesù stesso.
Il rapporto tra Gesù e il Padre e il rapporto tra Gesù e gli uomini a Lui affidati…VANNO PROPRIO INSIEME, PERCHÉ GLI UOMINI, IN FIN DEI CONTI, APPARTENGONO AL PADRE E SONO ALLA RICERCA DEL CREATORE, DI DIO.
Il culmine della narrazione è il nostro ultimo versetto «…Io e il Padre siamo una cosa sola», dove Gesù dichiara la sua identità divina, la sua unità di amore e di comunione con il Padre.
L’immagine che viene utilizzata da Gesù per descrivere sé stesso è quella del “buon pastore”, che dà la vita per le proprie pecore.
Le pecore, a loro volta, ricevono la nuova vita dal loro buon pastore che, stando al linguaggio – non facile – giovanneo, è anche la porta autentica attraverso cui le pecore potranno entrare in comunione con Dio.
«Io sono la porta; se uno entra attraverso di me, sarà salvato, ed entrerà, e uscirà, e troverà pascolo» (Gv 10,9).
Il pascolo è il cibo autentico, quello che serve allo spirito.
Chi riesce ad ascoltare la voce del pastore è anche conosciuto da Lui, e si mette volontariamente alla sua sequela.
Nel nostro cuore dobbiamo vivere il rapporto con Cristo e per il suo tramite con il Padre; perché solo così possiamo veramente comprendere gli uomini.
Solo alla luce di Dio si capisce la profondità dell’uomo.
Allora chi ci ascolta si rende conto che non parliamo di noi, di qualcosa, ma del vero Pastore.
Purtroppo siamo vittime di un pensiero umano, fragile, controverso e limitato.
Già nel libro dell’Esodo troviamo delle parole che dice Dio, che ben si addicono agli interlocutori di Gesù “Questo popolo è un popolo dalla dura cervice”.
E oggi vediamo che essi chiedono a Gesù di essere chiaro nei suoi discorsi ma poi “sono tardi di cuore” quando Egli dice loro la verità.
Fanno fatica ad uscire dalla loro mentalità e spesso, come accade anche a noi, proiettano su Dio le loro prospettive e le loro attese.
Si rifiutano di percorrere strade nuove e quindi non riescono a stare dietro al gregge che Gesù vuole guidare sui pascoli erbosi dell’amore.
Ascoltare la voce del Pastore divino e seguirlo, dunque, fa parte di un unico atto di fiducia e di abbandono al suo amore divino.
Ma quanto sono pochi coloro che interloquiscono con Gesù, ecco perché Cristo dichiara “essi non credono”.
Le nostre anime sono gravate da una grande colpa, dovuta al peccato, che è anche il motivo della nostra vita terrena.
E questo peccato rende del tutto inaccessibile la nostra entrata nel Regno di Luce, di Beatitudine e di Pace, se prima non viene estinta la colpa del peccato.
E Gesù morendo per noi sulla Croce, se ne è fatto carico.
Egli, una volta per tutte, ha offerto l’Espiazione di questa colpa e per aprirci le Porte della Casa del Padre.
Non possiamo separare Dio da Gesù Cristo.
Nella forma dell’Uomo Gesù possiamo immaginarci quindi Dio Stesso, possiamo vedere Dio quando vediamo Gesù.
Ma noi lo potremo vedere solamente quando Lo riconosceremo come nostro Dio e Padre dall’Eternità, quando chiediamo a Lui il perdono dei nostri peccati, quando ci incamminiamo sulla via verso la Croce, che è la sola che conduce al Padre, nella Vita nella Beatitudine eterna.
Certamente questo non vale per l’uomo, che è creatura di Dio, che può essere unito nell’amore con una donna o con i fratelli, ma che ha una propria identità distinta da tutti.
L’uomo infatti può essere “una sola carne” con la sposa. Certamente. Ma attenzione!
Essere in qualcuno non vuol dire essere QUEL QUALCUNO.
Ad esempio si legge nella Scrittura che Satana “…entrò in Giuda”.
È chiaro che CIÒ NON SIGNIFICA CHE SATANA FOSSE GIUDA. MA CHE ENTRAMBI ERANO UNITI PER UN FINE MALVAGIO.
Dio e Gesù agiscono per un fine buono e sono così strettamente uniti negli intenti e negli affetti che è come se l’uno fosse nell’altro.
Ma anche nel loro caso questo non vuol dire CHE L’UNO È L’ALTRO O VICEVERSA.
L’IDENTITÀ È INCONDIVISIBILE e questo vale sia per gli esseri umani che per gli esseri spirituali.
Anche gli esseri spirituali condividono la sostanza spirituale e la spiritualità MA NON L’IDENTITÀ.
Ha detto mirabilmente l’indimenticabile Papa Giovanni Paolo II’ nella sua Udienza generale del mercoledi’, il 10 marzo 1999:
- “[…] con le sue parole e le sue opere Gesù intrattiene con “suo” Padre un rapporto del tutto speciale. Il vangelo di Giovanni sottolinea che quanto egli comunica agli uomini è frutto di questa unione intima e singolare: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30).
E ancora: “Tutto quello che il Padre possiede è mio” (Gv 16,15).
Esiste una reciprocità tra il Padre e il Figlio, in quello che conoscono di sé stessi (Gv 10,15), in quello che sono (Gv 14,10), in quello che fanno (Gv 5,19; 10,38) e in quello che possiedono: “Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie” (Gv 17,10).
È uno scambio reciproco che trova la sua espressione piena nella gloria che Gesù consegue dal Padre nel mistero supremo della morte e della risurrezione, dopo averla egli stesso procurata al Padre durante la vita terrena: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te… Io ti ho glorificato sopra la terra… E ora, Padre, glorificami davanti a te” (Gv 17, 1.4s.).
Questa unione essenziale con il Padre non solo accompagna l’attività di Gesù, ma qualifica tutto il suo essere.
“L’Incarnazione del Figlio di Dio rivela che Dio è il Padre eterno e che il Figlio è consustanziale al Padre, cioè che in lui e con lui è lo stesso unico Dio” (CCC 262).
L’evangelista Giovanni mette in evidenza che proprio a questa pretesa divina reagiscono i capi religiosi del popolo, non tollerando che egli chiami Dio suo Padre e si faccia quindi uguale a Dio (Gv 5,18; 10,33; 19,7).
- In forza di questa consonanza nell’essere e nell’agire, sia con le parole che con le opere Gesù rivela il Padre: “Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1, 18).
La “predilezione” di cui Cristo gode è proclamata nel suo battesimo secondo la narrazione dei Vangeli sinottici (Mc 1, 11; Mt 3, 17; Lc 3, 22).
Essa è ricondotta dall’evangelista Giovanni alla sua radice trinitaria, ossia alla misteriosa esistenza del Verbo “presso” il Padre (Gv 1, 1), che nell’eternità lo ha generato.
Partendo dal Figlio, la riflessione del Nuovo Testamento, e poi la teologia in essa radicata, hanno approfondito il mistero della “paternità” di Dio.
Il Padre è colui che nella vita trinitaria costituisce il principio assoluto, colui che non ha origine e dal quale scaturisce la vita divina.
L’unità delle tre persone è condivisione dell’unica essenza divina, ma nel dinamismo di reciproche relazioni che hanno nel Padre la sorgente e il fondamento.
“È il Padre che genera, il Figlio che è generato, lo Spirito Santo che procede” (Concilio Lateranense IV: DS,804).
- Di questo mistero che sorpassa infinitamente la nostra intelligenza, l’apostolo Giovanni ci offre una chiave, quando nella prima lettera proclama: “Dio è amore” (1 Gv 4,8).
Questo vertice della rivelazione indica che Dio è agape, ossia dono gratuito e totale di sé, di cui Cristo ci ha dato testimonianza specialmente con la sua morte in croce.
Nel sacrificio di Cristo, si rivela l’infinito amore del Padre per il mondo (Gv 3,16; Rm 5,8).
La capacità di amare infinitamente, donandosi senza riserve e senza misura, è propria di Dio. In forza di questo suo essere Amore, Egli, prima ancora della libera creazione del mondo, è Padre nella stessa vita divina: Padre amante che genera il Figlio amato e dà origine con lui allo SPIRITO SANTO, LA PERSONA-AMORE, RECIPROCO VINCOLO DI COMUNIONE.
Su questa base la fede cristiana comprende l’uguaglianza delle tre persone divine: il Figlio e lo Spirito sono uguali al Padre non come principi autonomi, quasi fossero tre dèi, ma in quanto ricevono dal Padre tutta la vita divina, distinguendosi da lui e reciprocamente solo nella diversità delle relazioni (CCC,254).
Mistero grande, mistero di amore, mistero ineffabile, di fronte al quale la parola deve lasciare il posto al silenzio dello stupore e dell’adorazione.
Mistero divino che ci interpella e ci coinvolge, perché la partecipazione alla vita trinitaria ci è stata offerta per grazia, attraverso l’incarnazione redentrice del Verbo e il dono dello Spirito Santo: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).
- La reciprocità tra il Padre e il Figlio, diventa così per noi credenti principio di vita nuova, che ci consente di partecipare alla stessa pienezza della vita divina: “Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio” (1Gv 4,15).
Il dinamismo della vita trinitaria viene vissuto dalle creature, in modo tale che tutto converge verso il Padre, mediante Gesù Cristo, nello Spirito Santo.
È quanto sottolinea il Catechismo della Chiesa Cattolica “Tutta la vita cristiana è comunione con ognuna delle Persone divine, senza in alcun modo separarle. Chi rende gloria al Padre lo fa per il Figlio nello Spirito Santo” (n.259).
Il Figlio è divenuto “primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29); attraverso la sua morte il Padre ci ha rigenerati (1Pt.1,3; Rm 8,32; Ef.1,3), sicché nello Spirito Santo possiamo invocarlo con lo stesso termine usato da Gesù: Abbà (Rm 8,15; Gal.4,6).
San Paolo illustra ulteriormente questo mistero, dicendo che “il Padre ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto” (Col 1,12-13).
E l’Apocalisse così descrive la sorte escatologica di colui che lotta e vince con Cristo la potenza del male: “Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono” (Ap.3,21).
Questa promessa di Cristo ci apre una prospettiva meravigliosa di partecipazione alla sua intimità celeste con il Padre”.
Ha detto Simeone il Nuovo Teologo (ca 949-1022), monaco greco – Inno 21, 428s
- “Inviato e uscito dal Padre, il Verbo è disceso ed ha abitato interamente nel grembo della Vergine. Interamente era nel Padre, e interamente era nel seno verginale, e interamente nel tutto, lui che nulla può contenere. (…)
Restando ciò che era, ha preso la condizione di servo (Fil 2,7) e dopo essere stato messo al mondo, è divenuto uomo in tutto. (…)
Come dire ciò che è impossibile da spiegare a tutti gli angeli, arcangeli e ad ogni essere creato?
Lo si pensa veramente, ma non lo si può assolutamente esprimere, ed il nostro spirito non può comprenderlo perfettamente.
Come dunque Dio e uomo, e uomo-Dio è anche Figlio del Padre, interamente, in modo da lui indivisibile; come è diventato figlio della Vergine ed è venuto al mondo; e come mai nessuno può comunque contenerlo? (…)
Ora rimarrai in silenzio poiché anche se volessi parlare, il tuo spirito non troverà parole, e la tua lingua ciarliera è ridotta al silenzio. (…)
Gloria a te, Padre e Figlio e Spirito Santo, divinità che non si può comprendere, indivisibile nella sua natura.
Ti adoriamo nello Spirito Santo, noi che possediamo il tuo Spirito, poiché da te l’abbiamo ricevuto.
E, vedendo la tua gloria, non cerchiamo in modo indiscreto, ma è in lui, tuo Spirito, che ti vediamo, Padre non generato, ed il tuo Verbo generato che viene da te.
E adoriamo la Trinità indivisibile e senza mescolanza attraverso la sua unica divinità e sovranità e potenza”.
Ragioniamoci sopra…
Sia Lodato Gesù, il Cristo!