03.01.2022 – LUNEDI’ FERIA PROPRIA – Giovanni 1,29-34 “Ecce Agnus Dei”.

… il VECCHIO FARISEO COMMENTA….

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Dal Vangelo secondo Giovanni 1,29-34

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio». Parola del Signore

 

Mediti…AMO

Incredibile Giovanni il Battista…

un profeta assolutamente straordinario, sconvolgente, che esce da ogni schema.

Aveva predicato con veemenza l’arrivo di Dio, che avrebbe dato libero e giusto sfogo alla sua ira celeste.

E lo aveva fatto invitando tutti alla conversione per sfuggire all’ira divina imminente.

Ma non accade… ma sulle rive del Giordano, confuso tra la folle, incede lentamente un esile uomo, che cammina con i peccatori che vanno a farsi battezzare da Giovanni.

E Giovanni lo riconosce… lo aveva già incontrato prima ancora che entrambi venissero alla luce, ed erano nel prodigioso grembo delle rispettive madri.

Eppure per due volte afferma che, fino ad allora, ancora non aveva conosciuto Dio. Lui… immaginate!

Giovanni non riconosce Gesù. E lo ammette candidamente: è stato lo Spirito a farlo conoscere, a vedere dietro l’apparenza modesta di quell’uomo la presenza stessa di Dio.

È la presenza mite e dolente di Dio, simile ad un agnello che viene condotto al macello.

Nascosto fra i penitenti, Gesù avanza per farsi battezzare, pur essendo senza peccato e si inginocchia davanti a Giovanni per farsi battezzare…

e Giovanni è turbato da questo gesto. Dunque Dio è così? Così umile?

Pur vivendo in quell’attimo la gioia dell’aver realizzato che il suo compito era terminato, era profondamente stordito, perché non aveva visto delinearsi all’orizzonte nessuna realizzazione di quell’IRA DI DIO che aveva a lungo annunziato.

Ma aveva visto solo il lento incedere di un Dio che, camminando, si faceva solidale, con chi era giunto al Giordano perché voleva cambiar vita.

Ed aveva finalmente capito… Dio non avrebbe tagliato alcun albero improduttivo. Nessun fuoco avrebbe divorato gli empi e i malvagi…

Dio era venuto nel silenzio della storia, mischiato fra i peccatori, umile, nascosto, per a pagare il nostro debito, l’antico debito di Adamo, dirà Paolo.

Ed ora finalmente Giovanni lo vede… e crede, perché riconosce in Gesù l’agnello mite e senza macchia, che si lascia uccidere senza proferire lamento.

Dio è sempre lì a stupirci.

Giovanni, come ho detto, lo paragona ad un agnello e questa similitudine fa affiorare nei nostri ricordi la notte in cui gli Ebrei uscirono dall’Egitto guidati da Mosè, ovvero la notte in cui fu istituita la Pasqua.

Giovanni lo chiama L’AGNELLO DI DIO, e non teme affatto di sminuirne la sua figura.

Ma, al contrario, è evidente l’intenzione di esaltare una regalità che sin dal suo primo apparire si manifesta come diversa, che non corrisponde per nulla a quella creata dall’uomo.

ANCHE SE, QUALE POTERE POSSA ESSERCI IN UN AGNELLO, PER TOGLIERE IL PECCATO DEL MONDO, NON CI È DI IMMEDIATA COMPRENSIONE.

Ciò che innanzitutto suggerisce la vista di un agnello è un sentimento di mitezza ed obbedienza ed alla fine di amore, allorché si consuma il sacrificio di una vita per alimentare e far crescere un’altra vita.

Infatti in quella occasione ogni famiglia mise il sangue di un agnello sugli stipiti della propria porta e, in tal modo, fu risparmiata.

In quella notte il Signore passò (e la parola Pasqua significa proprio “passaggio”) per colpire i primogeniti degli egiziani e passò oltre ogni porta sulla quale c’era il sangue dell’agnello (Es 12,21-28).

La frase di Giovanni Battista fa pensare al fatto che Gesù sarebbe stato proprio un agnello sacrificale per mezzo del quale i peccati, non solo degli Israeliti ma di ogni uomo, sarebbero stati perdonati.

L’uomo non può redimersi da solo dai propri peccati.

Non può semplicemente comportarsi bene per controbilanciare le sue cattive azioni. Il peccato merita la morte e ogni uomo è destinato a morire.

Tuttavia Dio vuole dare vita eterna e ha mandato un sommo sacerdote, che doveva essere un uomo proprio come noi (si legga Ebrei 2,16-18) che offrisse un sacrificio definitivo e completo per i peccati dell’uomo, offrendo sé stesso una volta per sempre (Ebrei 9,12).

  • “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” (Giovanni 1,29)

E noi siamo abituati a sentire questa frase ogni volta che il sacerdote, durante la Celebrazione Eucaristica, alza l’ostia davanti ai fedeli prima della Comunione.

E potremmo chiederci: perché mai proporre una simile dichiarazione, pronunciata dal Battista, tra le parole più significative presenti nella Messa?

Cerchiamo, allora, di far passare davanti a noi le tre componenti che la costituiscono.

  1. Innanzitutto la prima locuzione: L’AGNELLO DI DIO.

Sulle labbra del Battista forse c’è un rimando all’agnello simbolico caro a quella letteratura popolare nota come “apocalittica”: è, allora, l’agnello mite e indifeso che paradossalmente piega e sconfigge le belve del male. Anche nell’Apocalisse, scritta sempre da Giovanni, si leggerà infatti che i seguaci della Bestia satanica «combatteranno contro l’Agnello [che è il Cristo], ma l’Agnello li vincerà, perché è IL SIGNORE DEI SIGNORI E IL RE DEI RE» (17,14).

Il simbolo, però, rimanda spontaneamente anche all’agnello pasquale: è ciò che l’evangelista ribadirà quando ricorderà che al Cristo crocifisso non vengono infrante le gambe, proprio come accadeva all’agnello immolato a Pasqua che non aveva nessun osso spezzato (Giovanni 19,36).

Una terza allusione è, però, ancor più rilevante: del Servo sofferente messianico, cantato dal profeta Isaia, si dice che «era come agnello condotto al macello» (Isaia 53,7).

Tra l’altro, in aramaico, la lingua usata dal Battista, è curioso notare che esiste un vocabolo, talya’, che significa sia “servo” sia “agnello”.

  1. Con questa interpretazione che collega l’agnello al Servo del Signore possiamo spiegare la seconda locuzione, “COLUI CHE TOGLIE”.

Del Servo messianico, infatti, si diceva che «si era addossato i nostri dolori… portando il peccato di molti» (Isaia 53,4.12). Il verbo ebraico usato, nasa’, indica sia “portare” sia “togliere”.

I due significati sono in pratica omogenei, e quindi, il Messia, cioè il Cristo, si addossa su di sé il male dell’umanità per cancellarlo.

E qui affiora indirettamente un ulteriore aspetto dell’agnello: esso è il sacrificio perfetto e vivente che espia il peccato e riconcilia l’umanità con Dio.

Si intrecciano, così, i tre profili dell’agnello apocalittico, pasquale e messianico che abbiamo descritto.

  1. Rimane ora l’ultima locuzione: IL PECCATO DEL MONDO. La liturgia eucaristica cattolica ha introdotto il plurale “i peccaticancellati dalla vittima sacrificale Cristo. E questo perché, nella Prima Lettera di Giovanni, si legge che Cristo «si manifestò per togliere i peccati» (3,5).

Il singolare usato dall’evangelista nella frase che abbiamo esaminato è un riferimento al peccato radicale del mondo, ovvero quello di non credere nel Figlio di Dio.

«Se foste ciechi», dirà Gesù ai farisei dopo la guarigione del cieco nato, «non avreste nessun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo!”, il vostro peccato rimane» (Giovanni 9,41).

L’incredulità ostinata è la base dalla quale si leva e cresce la pianta perversa dei nostri infiniti peccati.

  • “32 E rese testimonianza Giovanni dicendo”

L’annuncio di Giovanni è qualcosa di più di un semplice bando riguardo al Salvatore: è una testimonianza. Il Battista qualcosa ha già visto della gloria del Figlio. Per questo parla e per questo esige di essere creduto.

  • “Ho visto lo Spirito discendente come colomba dal cielo e rimase su lui. 33 E io non avevo conosciuto lui, ma colui che ha inviato me a immergere in acqua quello a me disse: Su chi vedrai lo Spirito discendere e rimanere su di lui questi è l’immergente in Spirito Santo. 34 E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il figlio di Dio.”

Tutto è detto e fatto per volontà di Dio, e non per una arbitraria ed ingiustificata iniziativa dell’uomo.

GIOVANNI HA RESO TESTIMONIANZA PERCHÉ HA VISTO E HA VISTO SOLO PERCHÉ COSÌ HA VOLUTO DIO.

Ma cosa più propriamente ha visto?

Ha visto lo Spirito Santo discendere dal cielo come colomba e rimanere su Gesù.

La colomba, intesa come figura dello Spirito Santo, ha radici lontane nella tradizione di Israele.

La troviamo già in Genesi, messaggera di Dio, di una pace e di una riconciliazione tra la terra ed il cielo.

Ma qui vi è qualcosa di nuovo. La colomba tornò da Noè, ma non per sempre rimase con lui. Andava e veniva, come in tutta l’economia dell’Antico Testamento.

ORA INVECE LA COLOMBA NON SOLO DISCENDE SU GESÙ, MA RIMANE SU DI LUI. NON PIÙ DUNQUE UNA PRESENZA DI DIO SALTUARIA ED IMPREVEDIBILE, MA UNA PRESENZA DEL TUTTO STABILE E SICURA.

Una presenza prevista dal Padre, come dato di fatto non suscettibile di ravvedimento e di cambiamento alcuno.

E L’IMMERSIONE IN SPIRITO SANTO È QUALCOSA DI PIÙ DI UNA SEMPLICE IMMERSIONE NELL’ACQUA. Infatti:

  • ci si immerge nell’acqua semplicemente per dare una lavata alla vita che è già in atto,
  • ci si immerge nello Spirito Santo per avere una vita nuova e santa.

C’è una differenza abissale tra il battesimo di Giovanni e quello di Gesù:

  • il primo rende questa vita più accettabile, più idonea a vivere in Dio,
  • il secondo la trasforma completamente.

SOLO UNO SENZA PECCATO AVREBBE POTUTO SALVARE IL MONDO, Cristo, che infatti, è capace di sradicare dal cuore dell’uomo l’origine di ogni male.

Egli è l’unico Salvatore dell’uomo. Gesù signfica proprio “Colui che salva”.

Egli non ha rivelato soltanto una dottrina della salvezza e della redenzione; non ha solo offerto i mezzi della redenzione, MA LUI STESSO HA OPERATO LA REDENZIONE.

Così si interrogava il santo Paolo VI:

  • Chi è Gesù? È il Figlio di Dio fatto uomo. Questa è l’affermazione e il fulcro della rivelazione e della nostra fede. È l’affermazione che obbliga il mondo, ogni coscienza, a prendere una posizione spirituale e morale decisiva sul valore della propria esistenza … Non lascerà più indifferente alcuna generazione o manifestazione di vita. Sarà l’insonnia del mondo. Sarà l’aspirazione somma della spiritualità. Sarà la forza segreta che consola, che guarisce, che nobilita l’uomo, la sua nascita, il suo amore, il suo dolore, la sua morte. Sarà la vocazione del mondo all’unità e all’amore; sarà la costante energia a perseverare in ogni secolo ed in ogni circostanza nella ricerca del bene e della pace; sarà lo spirito di pietà e di intelligenza, di santità, che solleverà a grandezza e pienezza le anime migliori di questa misera terra“.

Solo grazie allo Spirito Giovanni Battista riconosce Gesù.

Solo nello Spirito noi riconosciamo il Cristo.

Solo nello Spirito possiamo accettare Gesù come Messia, come il nostro Salvatore e come Figlio di Dio.

Troppo spesso, purtroppo, se ci interroghiamo davanti a Gesù, ci accorgiamo di essere in contraddizione: Lo vorremmo con noi, ma abbiamo paura di appartenerGli.

Al contrario lui è venuto per noi, per liberarci “dal peccato”. Ma qual è questo peccato espresso nella sua forma al singolare?

È IL RIFIUTO ALLA PIENEZZA DI VITA CHE DIO, IN GESÙ, È VENUTO AD OFFRIRCI!

IL PECCATO DEL MONDO È CREDERE CHE NON VI SIA POSSIBILITÀ DI PERDONO, DI MISERICORDIA E DI SALVEZZA.

E vorrei chiudere con una stupenda poesia, in cui Giuseppe Turoldo, un religioso dell’Ordine dei Servi di Maria, presbitero, teologo, filosofo, scrittore, poeta,  meglio noto come David Maria Turoldo (1916-1992), ritenuto uno dei più rappresentativi esponenti di un cambiamento del cattolicesimo nella seconda metà del ‘900, il che gli ha valso il titolo di “coscienza inquieta della Chiesa“, canta l’amore che Dio ha avuto e ha per l’uomo:

  • “Tu, celato in ogni desiderio, o Infinito, che pesavi sugli abbracci. Allora avrò capito come belli erano i Salmi della sera. E quanta rugiada spargevi con delicate mani, la notte nei prati non visto.”

DI FRONTE AL MALE CHE GRAVA ANCOR OGGI SUL MONDO, ABBIAMO UNA SOLA, CERTA, UNICA, GRANITICA SPERANZA: GESÙ L’HA GIÀ PRESO SU DI SÉ E LO HA SRADICATO DEFINITIVAMENTE.

IL MALE NON SARÀ MAI VITTORIOSO. NON AVRÀ MAI L’ULTIMA PAROLA NELLA STORIA.

Ragioniamoci sopra…

Sia Lodato Gesù, il Cristo!